UCTAT Newsletter n.28 – novembre 2020
di Alessandro Ubertazzi
È opinione comune che, soprattutto a causa della recessione economica, il mercato immobiliare del nostro Paese registri da anni una forte depressione: in altri termini, lungi dal mostrare una crescita fisiologica ovvero anche solo un adeguamento alla svalutazione del potere di acquisto medio, nella compravendita immobiliare il patrimonio edilizio ha subíto spesso un’imbarazzante contrazione del volume di affari e l’esplicita riduzione dei valori consolidati.
Per contro, tenendo conto delle inevitabili eccezioni, il mercato immobiliare di Milano mostra invece un’apprezzabile vivacità: i passaggi di proprietà sono in forte espansione e si registra perfino un notevole incremento della quotazione degli immobili, soprattutto se pregiati. Nel bene e nel male (e mi riferisco rispettivamente alla confermata produttivitá dei comparti industriale, commerciale e terziario ovvero alla proliferazione dei contagi da coronavirus), la formidabile interattività della popolazione insediata nella cittá alimenta e sostiene certamente il ritmo vitale di questo comparto economico.
Non so dire se, per merito del consistente numero di media che se ne occupano oppure degli intermediari del settore, cioè degli immobiliaristi, che operano con particolare efficacia, l’offerta di unitá abitative per le famiglie o di immobili finalizzati a soddisfare le esigenze del terziario (dagli uffici agli alberghi, dalle infrastrutture sanitarie a quelle per le piú disparate attività commerciali) è molteplice, variegata, appetibile ed economicamente convincente per coloro che risiedono in cittá ma anche per gli investitori istituzionali non solo italiani.
Immobili importanti ovvero “firmati” sono sempre piú vistosamente quotati, esitati e acquisiti ma, proprio per questo, essi sono anche diventati particolarmente rari: come ho detto, questo fenomeno è in controtendenza rispetto a quanto accade nella gran parte delle altre cittá italiane (da Torino a Palermo, da Verona a Napoli) dove si possono invece acquisire, facilmente e a “buon mercato”, anche immobili di grande fascino e significato.
Non a caso le principali testate dei quotidiani locali (come, ad esempio, il “Corriere della Sera, “il Sole 24 Ore”, “la Repubblica”) propongono rispettivamente degli “inserti” o dei fascicoli complementari alle pagine tradizionali che illustrano enfaticamente eleganti dimore (“Immobili di pregio”) oppure, piú semplicemente, propongono repertori di opzioni immobiliari destinate al grande pubblico (“Living”, “TrovaCasa”, ecc.). In questi anni, tale prassi si è particolarmente sviluppata e se, da un lato, questo fenomeno contribuisce esplicitamente ad accelerare il processo di svecchiamento del patrimonio immobiliare esistente, in un certo senso contribuisce anche ad aumentare ulteriormente la sensibilità collettiva per la propria abitazione: come è noto, per gli italiani, la casa costituisce il bene primario piú diffuso e desiderabile.
Non si puó peraltro sottovalutare il ruolo che, sempre nel nostro Paese piú che altrove, è è stato rappresentato dalle tradizionali riviste di architettura: queste hanno sicuramente contribuito a incrementare esplicitamente l’innata predisposizione, piú che bi-millenaria e tipicamente italiana, a disporre di un proprio spazio abitativo solido e bello, in esplicita armonia con una consolidata e diffusa cultura estetica concernente gli spazi pubblici o pubblicamente accessibili (teatri, chiese, palazzi amministrativi, stadi, ecc).
Le riviste di architettura, di arredamento, di grafica e di design non solo hanno allenato i professionisti a un costante e proficuo confronto fra loro ma hanno altresì generato una diffusa consapevolezza sull’opportunitá di un costante aggiornamento dell’habitat personale e perfino di quello urbano, con riflessi concettuali di proporzioni planetarie.
Al di lá degli slogans secondo i quali la cittá dovrebbe essere piú ordinata, servizievole e pulita, certi modelli alla moda (mi si perdoni il bisticcio di parole) inducono a migliorare tutto l’ambiente urbano: per fare un esempio, lo strombazzamento attorno al fascino di certi costosi “giardini verticali” (che amorevolmente sono solito chiamare “zanzárodromi’) influisce comunque paradossalmente sulla sensibilità ecologica di tutti i cittadini un po’ come… lo stesso imbarazzante coronavirus ha sospinto virtuosamente gli italiani a mangiare piú pane se non addirittura a farselo in casa.