La vita dolceamara dei giovani

UCTAT Newsletter n.49 – ottobre 2022

di Elisabetta Martinelli

Se si guarda al futuro di Milano il primo pensiero, forse altamente cinico o probabilmente solo molto realistico, è l’incombente aumento del prezzo della vita. Nonostante la città sia, sotto svariati punti di vista, piena di opportunità, la domanda che ci si pone è: chi riuscirà effettivamente a viverla? Milano si è sempre contraddistinta sul suolo italiano rispetto a questo, ma nella situazione storica in cui ci troviamo il divario si è ulteriormente ampliato.

Dividendo la popolazione in maniera semplicistica in base all’età, si possono identificare quattro fasce principali: bambini, giovani, adulti e anziani. Ogni categoria ha le sue difficoltà e limitazioni (anche i suoi privilegi ovviamente), ma se ci focalizziamo sui giovani l’analisi diventa particolarmente interessante. I giovani, in generale dai 16 ai 24 anni, e i giovani adulti, dai 25 ai 34 anni, si trovano nel momento di decisione della propria strada, di cambiamento rispetto a un passato non loro e di incertezza verso un futuro da definire.

Se proviamo a digitare la frase “i giovani non…” su Google le prime quattro opzioni citano la mancanza di voglia di lavorare, sentimento troppo spesso associato alla nostra categoria. Non mi starò a dilungare su questo discorso, di cui si è già troppo parlato in numerosi articoli, ma è bene porre l’attenzione su come questo sia un lato altamente evidenziato in questa fascia di persone.

E se consideriamo i giovani all’interno di una realtà dinamica come Milano, quali sono le loro possibilità? Cambiano così tanto rispetto a quelle dei loro coetanei in altre realtà d’Italia? Dipende naturalmente quali aspetti vengono considerati e quale importanza gli si attribuisce; ad esempio, Milano è la città con il servizio di trasporto pubblico più efficiente del bel paese; invece, si trova in fondo alla classifica delle città con la miglior qualità di aria. Se si va a leggere l’indagine della qualità della vita delle città italiane svolta dal 1990 ad oggi da parte del Sole 24 ore prendendo in considerazione novanta indicatori diversi, Milano si colloca seconda nella classifica del 2021 (la prima città è Trieste).

Milano offre davvero così tante opportunità come si dice? La mia risposta è, oltretutto da chi nella grande città ci è venuta a vivere a diciannove anni, assolutamente sì. Un aspetto che mi ha sempre particolarmente colpito è la varietà di possibilità presenti a Milano per la stessa categoria: non uno o due licei scientifici ma sessantatré, non una singola università ma sette, non solo un paio di pizzerie raggiungibili a piedi da casa ma una dozzina. Naturalmente questi sono solo esempi, forse un po’ banali ma che rendono l’idea, delle possibilità presenti, a cui sono legate di conseguenza le opportunità lavorative che la città offre. È plausibile quindi, nel momento in cui si decide la strada che si percorrerà nella propria vita, volere la più ampia scelta possibile e Milano offre esattamente ciò.

Ma questa vasta possibilità di scelta ha un sapore dolceamaro se si guarda quanto sta diventando esclusivo e limitato l’accesso a queste opportunità. Naturalmente bisogna distinguere tra chi a Milano è nato e tra chi si è trasferito per università o lavoro, ma in generale la nuova generazione che sta per plasmare e iniziare la propria vita da adulti trova il grande ostacolo economico sulla propria via. Riassumendo in parole più semplici: il lavoro a Milano si trova ma non è detto che con questo si riesca a pagarci affitto, bollette e ecc. Questo discorso implica un carico più ingente e prolungato per le famiglie che desiderano sostenere il percorso di studi dei propri figli e un allontanarsi del momento di totale indipendenza dei giovani dal proprio nucleo familiare.

Dalle parole appena dette potrebbe nascere l’impressione che i giovani siano questa entità soggiogata dalla situazione attuale senza avere una reazione. La realtà che possiamo vedere, soprattutto a Milano, è ben diversa. Dai giovani, nonostante, ma forse anche grazie, a quelle difficoltà citate prima, sono nate negli anni molte realtà e associazioni che fondono l’interesse per l’ambiente e la sua conservazione con la volontà di abbassare il costo della vita. Ad esempio, Recup, associazione che combatte lo spreco alimentare e promuove l’inclusione sociale, che raccoglie e ridistribuisce gratuitamente frutta e verdura dai mercarti rionali. Oppure ci sono pagine Instagram che postando foto di mobili lasciati lungo le strade per essere raccolti dall’Amsa, permettono il riuso e il riciclo di tali oggetti. E quindi, mi pare lecito affermare che, in un periodo storico come quello in cui ci troviamo, tra pandemia, guerra e cambiamento climatico e svariate altre problematiche, la speranza verso il futuro è in sé un piccolo atto rivoluzionario.

Questa mia visione personale, come detto all’inizio forse un po’ troppo cinica, deriva dal cambiamento nell’ultimo anno della mia condizione da studente full-time a studente lavoratore part-time. Milano mi ha dato la possibilità di trovare un lavoro in poco tempo, nonostante la mia poca esperienza lavorativa, ma che non mi permette di spiccare il volo dal nido familiare. Quello che ne deriva da tutto questo discorso è una forte dicotomia tra il potere e il volere da parte dei giovani che abitano e vivono Milano, da una parte della medaglia la vastità di possibilità lavorative, di istruzione e culturali, dall’altra il costo della vita nella grande città.

La movida lungo i Navigli a Milano, 9 ottobre 2020.ANSA/Mourad Balti Touati
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