L’architettura della cultura digitale

UCTAT Newsletter n.28 – novembre 2020

di MEET Digital Culture Center

Uno schermo alto 20 metri e largo altrettanto. È la media façade, letteralmente facciata mediale, di Etopia (https://www.zaragoza.es/ciudad/etopia/), il centro per l’arte e la tecnologia di Saragozza. Grazie a quella gigantesca superficie in “movimento” chi vive la città può entrare in relazione con i lavori degli artisti e dai creativi digitali che collaborano con il centro. Da dentro verso fuori.

Quella di Etopia è un supporto audiovisivo che sta all’intersezione fra tecnologie digitali, comunicazione e pianificazione degli spazi urbani, superando per tecnica e finalità il tradizionale cartellone pubblicitario. MEET, il centro di cultura digitale di Milano supportato da Fondazione Cariplo, collabora da tempo con realtà come Etopia o Public Art Lab (http://www.publicartlab-berlin.de), già motore del Media Facade Festival di Berlino e del network Connecting cities, finalizzato ad un uso sociale ed artistico di questi supporti audiovisivi.

A rendere le media façade particolarmente interessanti è la loro capacità di sintetizzare la commistione di discipline, linguaggi e registri propria della cultura digitale, e di farlo – letteralmente – sulla pubblica piazza. MEET, che non è dotato di una media façade esterna, ha voluto incorporarne i presupposti – si potrebbe dire le logiche – nel concept della sua sede di piazza Oberdan, un palazzo d’inizio Novecento i cui volumi ed equilibri architettonici rispondono ad esigenze tradizionali. La sfida era trasformarlo nell’avamposto compiuto del digitale creativo, senza toccarne la facciata esterna affacciata su Porta Venezia.

L’idea progettuale si è configurata ben presto come un’indagine sul ruolo di uno spazio fisico in un modo digitalizzato. La sfida lanciata da Maria Grazia Mattei, fondatrice e presidente di MEET, è stata raccolta dall’architetto Carlo Ratti, direttore del Senseable City Lab dell’M.I.T di Boston ed attento analista della relazione fra tecnologie digitali, architettura e design.

In stretta sinergia con MEET e Fondazione Cariplo, che è proprietaria dell’edificio, lo studio Carlo Ratti Associati ha lavorato per dare ai 1500 metri quadrati del centro di cultura digitale un’impronta unica nel panorama italiano. Fulcro del progetto è la cosiddetta “Scala abitata”, una piazza verticale di 15 metri che collega i vari piani dell’edificio, ma soprattutto è insieme antenna e ripetitore di MEET, un vero e proprio medium che restituisce in tempo reale ciò che accade nei diversi spazi del centro grazie a schermi e proiettori distribuiti a varie altezze. Provocatoriamente potremmo dire che la “Scala abitata” è una media facade tridimensionale.

A costituirsi al contempo come spazio da vivere e come superficie per disseminare contenuti non è solo la “Scala abitata”, ma ogni ambiente del centro di cultura digitale che supera le funzioni consuete, le mescola e finisce per ibridarle, mimando la fluidità della Rete.

L’ambizione del progetto si spinge ancora un po’ oltre, “usando” l’architettura come risorsa per integrare quel che talvolta manca alla dimensione digitale: la variante inattesa o imprevista. Lo ha spiegato bene Ratti nel corso dell’opening di MEET, che si è svolto il 28 ottobre scorso in forma virtuale: «Oggi continuiamo a vivere e lavorare in un regime di isolamento indotto dalla pandemia, in cui quasi ogni compito o azione si svolge online. In questo momento diventa essenziale usare l’architettura per produrre occasioni di serendipità, ovvero per stimolare connessioni inaspettate tra gli individui quelle connessioni che di rado accadono sul web».

Una caratteristica spesso trascurata della media façade è la capacità di attivare “citymaking creativo” ovvero generare interazioni sociali e, quando possibile, coinvolgimento e partecipazione diretta fra chi interagisce più o meno attivamente con le media facciate e chi le popola di contenuti. A MEET proviamo a fare questo “in absentia”, ovvero trasfigurando la facciata mediale nell’intera superficie del centro di cultura digitale. Restituire le logiche dell’onlife in forma architettonica, dunque tradizionalmente tangibile abilita la costruzione di consapevolezza rispetto al continuum né fisico né virtuale in cui ci muoviamo e sempre più permeerà gli spazi e le forme della nostra esistenza.

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