L’immagine della città

UCTAT Newsletter n.28 – novembre 2020

di Riccardo Soffientini

Difficile tema quello del rapporto che intercorre tra ogni aggregazione urbana, dal più piccolo e insignificante agglomerato fino alle più grandi megalopoli e gli esseri umani che in essa vivono! Ogni città è un organismo complicato e complesso, un organismo che nasce come punto d’incontro e di scambio, cresce e, infine, si modifica rigenerandosi continuamente.

Nella città si vive, si lavora, si apprende, ci si diverte, ci si cura, ecc.
La città è quindi luogo d’incontro fra persone, siano esse abitanti o ospiti temporanei (per turismo, lavoro o altro); a volte, essa è anche luogo di scontro. La città comunica ai suoi abitanti e questi, a loro volta, comunicano con essa.
Comunque sia quel rapporto, la città rappresenta quindi, per ognuno, un “ambiente significante”.
Nella città si svolgono tutte le funzioni e sono offerti tutti i servizi che possono aiutare i cittadini a vivere “in qualità” ma anche a “crescere”. Infinite sono le opzioni che possono essere offerte quotidianamente al cittadino (potenziale fruitore). Esse vanno dalla cultura, allo sport, al lavoro, al tempo libero. La possibilità di accedere ad esse è funzione della esistenza e della qualità di un sistema informativo efficace, aggiornato e diffuso che costituisca una chiara e razionale guida per tutte le persone.

La qualità e la quantità delle opzioni suddette è però differente per ogni città. Come qualsiasi organismo dotato di vita propria, possiamo dire che ognuna di esse possiede una propria “identità”, frutto di una storia specifica, un’”identità” che, a sua volta, è determinata dalla posizione geografica, dal clima, dagli eventi che l’hanno avuta come testimone e, infine, dagli usi e costumi, dal carattere e dal livello tecnologico delle popolazioni che l’abitano e l’hanno abitata. Tutto ciò conferisce a ogni singola città delle precise e diversificate caratteristiche che, nella maggior parte dei casi, conviene mantenere e, anzi, valorizzare. Esse sono recepite da ogni persona in modo sostanzialmente diverso poiché tale percezione è filtrata da ognuno attraverso i propri sensi, la propria cultura e la propria esperienza. Quindi, l’”immagine” della città che ne deriva è soggettiva, avendo ognuno opinioni diverse che corrispondono a codici di lettura tutti diversificati tra loro. In pratica, l’”identità” rappresenta ciò che realmente la città è e può offrire mentre l’”immagine” è ciò che ogni interlocutore coglie, reinterpretando, dalle caratteristiche del soggetto.
L’alfabeto, comunque, con cui la città “parla” ai suoi abitanti è quanto mai diversificato.

L’“immagine” di una città è data dalla sua forma, dal suo disegno urbanistico, dalla presenza o meno di fiumi, laghi e, mari con cui rapportarsi; dai monumenti che emergono dal tessuto urbano e che parlano della sua storia e della sua grandezza; dalla qualità delle sue architetture e dei suoi spazi e, infine, dai materiali che sono stati usati nel tempo per edificarla. Ogni città, quindi, ha proprie caratteristiche. Disattendere uno, pochi o tutti questi parametri significa un poco tradire l’“identità” della città sino al punto, nei casi peggiori, di snaturarla.
Cosa sarebbe Algeri senza la sua casbah o Roma senza i suoi monumenti? Eppure molti, moltissimi interventi sono compiuti ogni giorno nel mondo col risultato di rendere simili tra loro anche città che hanno caratteristiche particolari e molto forti, segno tangibile di culture anche diverse e di grande spessore che si sono via via avvicendate. Perché Shangai o Dubai o Singapore dovrebbero assomigliare alla isola di Manhattan a New York? Perché, al contrario, esse non riescono a valorizzare le loro notevoli specificità?

In prima istanza, la città deve rispondere alle vecchie e nuove esigenze imposte dalla vita ma anche rispettare l’ambiente e le abitudini che sono radicate nella cittadinanza. Per questo, l’imitazione di modelli “estranei” può essere una scelta catastrofica o comunque sbagliata con il risultato che la città non è più “a misura” dei suoi abitanti con forti contraccolpi sui rapporti sociali e, a volte, anche economici.
Sarebbe più appropriato dire che l’“immagine” di una città è rappresentata più che dagli aspetti esteriori (quelli che cadono inevitabilmente sotto i nostri sensi) anche da altri non tangibili ma più sottilmente identificanti, caratteri che costituiscono l’“anima” della città e meglio definiscono il rapporto con i suoi abitanti.

Milano, ad esempio, è una città che ha molte “anime”. Da capitale dell’imprenditoria italiana si è trasformata in capitale della moda, del design, della lirica e altro. Essa ha saputo reinventarsi man mano che cambiavano i tempi, dando sempre al pubblico cittadino, e non, l’impressione di grande vitalità, valorizzando, però, soprattutto l’esistente senza snaturarsi, operando cioè minimi adattamenti al suo tessuto urbano e sociale. Siamo sicuri che, quando questa pandemia si sarà finalmente allontanata, pur non restando comunque la medesima, Milano saprà ritrovare nuovi valori da far propri e da comunicare ai suoi cittadini, recuperando quel ruolo da protagonista che le è congeniale. Quel poco che negli ultimi decenni è stato fatto non ha comunque cambiato il carattere di questa città o le abitudini di coloro che la abitano, ma, semmai, ha saputo valorizzarle attirando sempre più, soprattutto dall’estero, masse di visitatori.

L’aspetto umano o, meglio, le connessioni sociali che si instaurano fra i suoi abitanti sono la vera caratteristica del rapporto che lega città e cittadini e che costituiscono la parte più importante dell’”immagine”. Città come Napoli, ad esempio, fanno della comunicazione fra individui il loro lato più caratteristico. Ed è questo aspetto che maggiormente va salvaguardato. Possiamo anche interagire sulle altre caratteristiche ma l’”anima” della città va rispettata. È questo il compito culturale più arduo che si prospetta agli architetti, agli urbanisti, agli ingegneri e a tutti gli altri operatori che, in qualche modo, operano e incidono in questo campo. Solo con una seria analisi del contesto si può progettare il futuro dei nostri insediamenti e garantire una vita qualitativamente apprezzabile agli esseri umani che vi abitano. Non è vero che un edificio alto cento metri in metallo e vetro può stare indifferentemente a Pechino come a Bari o a Marrakech; non è altrettanto vero che un intervento urbanistico che stravolge il disegno della città sia comunque sempre ammissibile.
Troppo spesso si vedono spostare progetti da un luogo all’altro senza uno studio preliminare sull’ambiente e sul contesto urbano in cui si intende operare, col risultato di un generale appiattimento dell’“immagine” negli aspetti che ricadono sotto i nostri sensi ma soprattutto avendo creato soggetti totalmente estranei al contesto.

Dopo decenni di colpevole indifferenza, la grande sfida è quella di ritrovare tutti questi valori perduti e di ritornare a pensare a un mondo diversificato secondo le varie culture ma finalmente “a misura d’uomo”.

I Navigli a Milano, oltre ad essere un elemento fortemente caratterizzante l’ambiente e lo sviluppo dell’agglomerato urbano negli ultimi secoli, è soprattutto un prezioso testimone della storia cittadina.
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