Per una cultura condivisa del paesaggio urbano

UCTAT Newsletter n.27 – ottobre 2020

di Carlo Lolla

Si può amare o non amare una città per il suo aspetto estetico, per la sua identità. 

Di Milano un certo Henry Beyle, in arte Stendhal, si infatuò e su di lei scrisse che la città, nel periodo Napoleonico, aveva maturato una certa grazia riconoscibile nell’architettura, associata a realizzazioni monumentali, a edifici più rappresentativi delle èlites, alle maisons particulièr, cioè agli edifici diffusi. Una città ottocentesca splendida, ove si coglievano il senso e i risultati più durevoli di una volontà ordinatrice che aveva inciso sul volto della città. 
Lo Stendhal dei giorni nostri che direbbe? Certamente rimarrebbe stranito nel notare quanto sia cambiata nella sua modernità. Probabilmente avrebbe un dubbio: lo Spazio Pubblico milanese.Non vorrei soffermarmi sull’identità dello spazio pubblico (già espressi il mio pensiero in un mio articolo nel maggio del 2019 su UCTAT Newletter), ma vorrei portare un contributo su come io penso si dovrebbe affrontare e migliorare il nostro “spazio pubblico”. 

Il tema di questo luogo aperto innesca una riflessione attraverso obbiettivi e definizioni che richiamano idee e progetti articolati. Richiama proiezioni che vanno dal paesaggio, all’architettura della città a quelle territoriali.
Lo spazio pubblico richiede esigenze, conoscenze di abitudini sociologiche e processi della vita stessa. Nelle città esistono una pluralità di elementi che concorrono ad abbruttire l’occhio, come le aree dismesse, i giardini e parchi incolti, le periferie degradate. 

Un’area industriale dismessa può essere l’occasione per dare respiro e ampiezza tra l’intorno del quartiere e i quartieri limitrofi. Un quartiere che dia voce non solo di contesto, ma capace di caratterizzare l’uso dell’abitare e magnificare sia l’architettura sia il paesaggio. 
Ogni via, ogni piazza, ogni parco, costituiscono un tassello importante nella complessità plurivariegata di una città sia essa grande o piccola. L’esaltazione dell’arte, dell’architettura, del verde sono anch’essi elementi che devono donare il godimento dello spazio che non è solo pubblico ma che comprende anche quello privato. 

Uno spazio pubblico si deve basare sull’interpretazione del paesaggio e sulle relazioni morfologiche. In un contesto urbano consolidato, ogni progetto di edificio nuovo deve inserirsi in un ambito paesistico ambientale, in modo tale che vi sia una ricucitura con le restanti parti della città, sia così un tutt’uno con l’intorno in uno stretto dialogo tra architettura e verde. Ogni rione, ogni quartiere, ogni zona deve vivere non solo di una sua vita interna, ma che sia correlata tra di loro: aperta, flessibile, dinamica in per- fetta connessione con il territorio, affinché nell’Entità- Spazio possa regnare l’armonia, pur enfatizzando i contrasti morfologici. 
Eventi, episodi, luci devono dare vita ad un luogo definito, mediante le proprietà relazionali di carattere qualitativo, di vicinanza, di grandezza, inseriti in una rete fisica morfologica ma anche percettiva e virtuale. Degli spazi del vivere che rappresentino un principio promotore sui quali sviluppare la progettualità per una società multietnica, per luoghi privilegiati di scambi culturali e di comunicazione sociale. 

Se le città sono luoghi ove si massimizzano le opportunità, lo spazio pubblico è parte integrante del paesaggio urbano, pertanto è importante ricucire quei contrasti urbani che nell’insieme conferiscono una percezione slegata, particolarmente da un paesaggio a volte fuori scala e da una architettura autoreferenziata. 
E si sa che non è facile trasformare, allorquando esistano, relitti di una selvaggia e caotica urbanizzazione (vedi le ultime sciocchezze delle piste ciclabili), situazione che la progettazione di riqualificazione deve perseguire tramite una urbanistica biologica e un’architettura ambientalista. 
Ogni città ha la sua storia, la sua caratteristica, e su questi due elementi deve agire l’innovazione, il contesto e il richiamo del passato per far parlare il presente, e non produrre spazi pubblici imbalsamati, ma inclusivi verso il futuro. 

Questo vuoto deve essere accogliente, con un arredo urbano semplice e attrattivo. Deve porre in risalto percorsi storici, case storiche, connessione tra piazze-giardino e polmoni verdi che diano vitalità al tessuto urbano.
In una città compatta difficilmente gli spazi tridimensionali si rapportano a luoghi di riferimento, e di conseguenza l’architettura del paesaggio è l’elemento che può consolidare, conservare e inventare nuovi luoghi. Luoghi riconoscibili, duraturi, densi di significato, luoghi di eccellente qualità. Il tutto a misura d’uomo. 
La vivibilità dei luoghi è una tematica che, il lavorarci sopra, avvicina l’architettura paesaggistica a quella urbana. Lo spazio pubblico deve esprimere l’estetica, una percezione sensoriale, la poesia. Elementi tutti della quotidianità del vivere. 
Il tessuto urbano deve avere la sua permeabilità attraverso questi vuoti tra l’edificato. Concerto tra nuova e vecchia architettura. La riqualificazione e il riordino urbano necessita la conoscenza di uno scenario territoriale e locale, laddove le emergenze storiche, artistiche ed ambientali hanno un valore eccezionale. 
La riscoperta dello spazio aperto offre un’ampia gamma di attività, dall’agro forestale, al tempo libero. Ciò è in grado di riqualificare interi quartieri e la qualità dovrebbe rilanciarli, esaltando autori di architettura paesaggistica moderni. È opportuno che la dialettica tra i vari elementi e le esigenze del tempo libero comportino trasformazioni di funzioni tra loro di moderazione. 

Le periferie che sono state tralasciate, nel tempo, da un degrado continuo, alleviate solo da qualche nuova edificazione come espediente riparatore, hanno necessità di una forte riconversione producendo un ambiente ecologico e socialmente sostenibile. 
Il pensiero moderno, nello studio urbanistico, non intende più denominarle “periferie”, ma renderle parte integrante del tessuto con i loro centri storici importanti. Periferie cerniere che valorizzano tra l’interno cittadino e l’esterno metropolitano.
Lo spazio pubblico nel suo DNA è principalmente il cuore pulsante del rione, delle zone, della città, è il simbolo di transizione tra l’addensamento dell’edificato e l’aspetto culturale dello spazio in grado di attivare il battito cittadino evidenziandone la capacità, la risorsa nello sviluppo. È un riferimento visivo e simbolico di una nuova prospettiva e punto di vista in grado di rievocare la storia dell’abitato. Supporto di divulgazione e ricerca di ispirazioni e contaminazioni culturali. 

Non si pretende che l’identità di Milano sia pari a quella di Dubai, Singapore, Hong Kong, Sidney, San Francisco, ma ciò non toglie che sarebbe opportuno superare il conosciuto ed esplorare nuovi messaggi culturali architettonici, paesaggistici, sensibili socialmente. 
Il dilemma è che dopo Albertini, la Moratti ed un assessore come Gianni Verga abbiamo il vuoto urbanistico. Manca a questa città una Leadership culturale come guida.

Milano, piazza San Luigi. Avanzamento lavori di riqualificazione con realizzazione di nuove pavimentazioni e arredo urbano, ottobre 2020.
Progetto definitivo: 26/10/2018; Progetto esecutivo: 18/07/2019; Inizio lavori: giugno 2020.
Fonte: https://blog.urbanfile.org/2020/10/19/milano-corvetto-riqualificazione-di-piazza-san-luigi-otto-
bre-2020/