UCTAT Newsletter n.49 – ottobre 2022
di Giacomo Perego*
Sono nato a Milano 33 anni fa. Dei miei amici cresciuti con me, la metà, forse più, non abita più in quartiere. Molti sono andati a vivere fuori città. Non saprei dire se la condizione dei giovani oggi a Milano sia meglio o peggio di una volta. Per chi come me ama Milano e ha una idea popolare di città, con un tratto forse di sana nostalgia, storce il naso a vedere certe dinamiche che la stanno attraversando. In questo senso vedo oggi un potenziale conflitto in città tra giovani e adulti innanzitutto sui modi diversi di viverla e concepirla. C’è un abisso tra ciò che pensa un giovane (nato e cresciuto, ma anche fuorisede) e un milanese nato tra gli anni ’40 e ’60. Sull’uso del trasporto privato, anzitutto, sul tema ambientale e di salute pubblica, ma anche sulla valorizzazione e animazione dei quartieri. Osservando le dinamiche che si vengono a creare intorno ad ogni politica di contenimento dell’inquinamento o di limitazione dell’uso dell’auto privata a favore di una mobilità lenta e sostenibile (quanti fuorisede ci sono che hanno un’auto di proprietà a Milano?), ci si accorge di questa radicale differenza di vedute e non si fa fatica a capire per fortuna quale direzione la città ha ormai decisamente preso. Il secondo punto di conflitto è quello del costo della casa. Che sia in affitto o in vendita, il tema dell’abitare è spesso inavvicinabile. Se c’è una responsabilità nel processo di gentrificazione dei quartieri è certamente anche, ma non solo, di quei proprietari di casa che stipano fuori sede in appartamenti spesso poco curati a prezzi esagerati e ingolositi da un guadagno facile e abbondante sulle spalle dei giovani. Su questo tema, purtroppo, le politiche pubbliche e del terzo settore messe in campo fino ad oggi si sono rivelate certamente molto utili e significative ma ancora poco efficaci a contenere il fenomeno che nonostante gli anni di pandemia e di una crisi economica e geopolitica in corso continua imperterrito a crescere e prosperare negativamente sul tessuto sociale.
Se il primo punto è il motivo per cui Milano è così attrattiva per tanti giovani insieme alle possibilità di studio, lavorative e di crescita che offre, il secondo è la ragione per cui per molti è impossibile rimanere in città. Esattamente come ognuno è libero di scegliere cosa fare nella propria vita, così dovrebbe essere libero di scegliere dove vivere, senza vedersi obbligato da un mercato fuori controllo che espelle il tessuto sociale storico di un quartiere, impoverendo quel territorio. Questo fenomeno, che finora a Milano era rimasto relegato al centro storico (possibile specchio del nostro futuro cittadino) oggi riguarda quasi tutti i quartieri, compresi quelli periferici e coinvolge, oltre che i giovani, anche nuclei familiari meno benestanti.
Questo fenomeno ci induce quindi a domandarci quale sarà la Milano di domani. Cosa aspettarci da queste dinamiche che con l’avvento dell’appuntamento olimpionico alle porte rischia di dilagare ancora di più in aree fino ad ora toccate marginalmente dal fenomeno. Milano tende sempre più a diventare la città dei fuori sede ma senza milanesi. La città per un giovane è oggettivamente bellissima, attrattiva, fintanto che non vuoi renderti indipendente, mettere su famiglia, convivere, trovare casa. Alle esigenze più profonde legate al costo della vita Milano deve ancora trovare una risposta che non sia solamente salariale, ma politica, sociale e strutturale. Sarà la sfida più grande per i prossimi anni e Milano, ognuno di noi per il proprio pezzettino, dovrà dimostrare ancora una volta di essere all’altezza delle sfide che le sono richieste.
