Amministrare la rigenerazione urbana

UCTAT Newsletter n.43 – marzo 2022

di Fabrizio Schiaffonati

È possibile avere un elenco dei progetti in campo nell’ambito della cosiddetta rigenerazione urbana? Quelli pregressi e quelli del PNRR, anche con il Piano Nazionale per gli investimenti Complementari (PNC), con il Programma Innovativo Nazionale per la Qualità dell’Abitare (PINQuA), nonché altre iniziative regionali e comunali? Un quadro complesso, oggi senza una informazione centralizzata e coordinata, quindi non facilmente ricostruibile e non è alla portata di tutti. Tale mancanza non consente di monitorare i programmi e lo stato di avanzamento dei progetti. Ci si affida quindi empiricamente a notizie disparate, a volte anche non attendibili, talvolta solo enunciazioni da verificare e programmare, “mettere a terra” come si suole dire.

Sarebbe necessaria una Authority a cui far affluire le informazioni su tutte le iniziative in corso, per avere un quadro completo sullo stato di avanzamento della rigenerazione urbana?

Senza un coordinamento generale, una chiarezza di obiettivi, una definizione delle categorie delle opere e una tempistica, si rischia di riproporre un “libro dei sogni” e una programmazione destinata a rimanere nel cassetto. Una mancanza evidenziata dalla “Commissione parlamentare di inchiesta sulla sicurezza e sul degrado delle città e delle periferie” già nel 2017.

Un’approssimazione che si è verificata con gli incentivi e le detrazioni fiscali per la riqualificazione del patrimonio costruito, ad esempio il 110%, per cui il Governo è stato costretto in corso d’opera a modificare le procedure.

La fase attuale è di tale difficoltà da richiedere un impegno eccezionale, ridefinendo quindi anche il quadro delle azioni programmatorie, progettuali ed attuative delle iniziative, nonché chiarendo il ruolo dei diversi attori del processo.

L’INA-Casa, la Gescal, i Piani di Edilizia Economica e Popolare Peep, il Piano Decennale di Edilizia Residenziale Pubblica (ERP) stanno a indicare che quelle azioni erano collocate all’interno di una chiara linea politica nazionale, poi articolata con gli enti territoriali a livello locale; con la presenza inoltre di Centri studio e organismi di controllo, come ad esempio il Comitato di Edilizia Residenziale Pubblica (CER), che ha svolto un importante ruolo programmatorio ma anche di indirizzo tecnico.

Analogamente alle esperienze del passato, è quantomeno opportuno che i Comuni esplicitassero con chiarezza un loro “Piano urbanistico ed edilizio”, mappando aree e opere a scala urbana, finanziamenti già acquisiti e progetti. All’interno del quale predisporre un “Programma speciale ERP”, specificando opere dei quartieri e di ristrutturazione/manutenzione edilizia, con tempi, costi, finanziamenti e forme di gestione.

Lo stesso dicasi per le Regioni, a cui parrebbe opportuno richiedere un “Piano infrastrutturale regionale”, per quanto di loro competenza con riferimento alle nuove forma di finanziamento derivate dal PNRR.

Piani comunali e regionali da sottoporre a dibattito pubblico, con osservazioni e controdeduzioni. Per il raggiungimento di obiettivi strategici di tale portata, è fondamentale il più ampio coinvolgimento della popolazione, in forma istituzionale ufficiale e oggi anche con gli attuali mezzi di comunicazione social. Una rivoluzione copernicana per riportare chiarezza nell’attuale entropia disinformativa. Un approccio bottom up, una partecipazione tanto più importante in questo disorientamento generale, senza il quale non può che aumentare la sfiducia nelle istituzioni e nelle forze politiche, con la delegittimazione della rappresentanza.

Tanti buoni propositi di una diversa organizzazione delle città a seguito delle criticità emerse con la pandemia – per nuove tipologie edilizie, qualità degli spazi pubblici, servizi di prossimità, riorganizzazione della mobilità, ecc. – oggi sembrano del tutto rientrati, con il ritorno a passate consuetudini e a scorretti comportamenti alla base di un diffuso disagio urbano e di palesi criticità. Fondamentale è, quindi, che i Comuni si facciano interpreti di un necessario indirizzo strategico, indicando quindi cosa è possibile fare, quali le opere esemplari per la rigenerazione urbana, con un’urbanistica fondata sulla qualità ambientale e il riequilibrio sociale. Una prospettiva del tutto differente rispetto a privilegiare gli interessi di gradi gruppi immobiliari e nella continua rincorsa di eventi eccezionali, come nel caso di Milano. Quindi una rigenerazione urbana, concreta e tempestiva, come in passato è stato di una “amministrazione dell’urbanistica” che, pur con i suoi limiti, ha consentito di dotare il Paese, di standard urbanistici, di servizi e di opere pubbliche.

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