UCTAT Newsletter n.31 – febbraio 2021
di Grazia Aldovini – Archivio di Etnografia e Storia Sociale di Regione Lombardia
L’esperienza degli ecomusei lombardi riconosciuti è emblematica della complessità e della ricchezza di un processo sociale e culturale che coinvolge attivamente i territori e le comunità.
Non mi soffermerò sulle diverse definizioni di “ecomuseo” sulle quali il dibattito internazionale si è molto speso, poiché, come direbbe il museologo francese Hugues De Varine, che ha inventato il termine, sarebbero comunque limitate e imperfette. Una sintesi, tra le varie da lui suggerite, vede l’Ecomuseo come «un’azione portata avanti da una comunità, a partire dal suo patrimonio, per il suo sviluppo»: una comunità che riconosce il proprio patrimonio culturale materiale e immateriale e decide partecipativamente, di prendersene cura, salvaguardarlo e valorizzarlo. Un processo di consapevolezza che vede centrale il territorio di riferimento al quale l’ecomuseo deve adattarsi per esprimere le proprie azioni di interesse comunitario. A seconda della propria identità culturale, le comunità sviluppano infatti questo progetto con priorità differenti a seconda delle condizioni socio-economiche-paesaggistiche-ambientali del proprio territorio. Questa è la ragione per cui ogni ecomuseo è differente dall’altro e in Regione Lombardia la diversificazione delle esperienze ecomuseali lo dimostrano.
La disposizione geografica degli ecomusei riconosciuti in Lombardia è distribuita per lo più (2/3 circa) in territorio collinare e montano. Le ragioni possono essere ricondotte al senso di identità, molto forte e caratteristico negli ambiti montani e dei complessi legami materiali e immateriali, strettamente legati a questi specifici territori. Gli obiettivi sono tra i più diversificati, in generale espressi nella cura del paesaggio (rurale ma anche urbano), nel potenziamento della vocazione dei territori, delle sue delle tipicità e prodotti; nella salvaguardia del patrimonio culturale materiale e immateriale e del patrimonio ambientale; nella trasmissione della memoria storica (attraverso il passaggio di conoscenze tra generazioni e azioni educative con le scuole) e il suo innestarsi nel presente. L’ecomuseo infatti non può non guardare alla contemporaneità e al futuro. La coscienza del proprio patrimonio culturale del passato deve essere “vivente” e quindi riproposto, innestato nell’attualità.
Regione Lombardia ha legiferato sul tema a partire dal 2007 con la legge regionale n. 13 “Riconoscimento degli ecomusei per la valorizzazione della cultura e delle tradizioni locali ai fini ambientali, paesaggistici, culturali, turistici ed economici” che ne ha istituzionalizzato la natura. Attualmente è in vigore la legge regionale n. 25/2016 “Politiche regionali in materia culturale – Riordino normativo”, una legge quadro della cultura che ha recepito e sostituito la normativa precedente e che all’art. 19, dedicato agli ecomusei, specifica che Regione ne promuove la costituzione e il riconoscimento.
Il concetto sottende che siano le stesse comunità a decidere di avviare questa esperienza che si struttura in governance differenti estendendosi dai soggetti pubblici (circa 2/3 del totale) a quelli privati (senza scopo di lucro). Il riconoscimento regionale, determinato a seguito di una verifica di requisiti minimi di qualità, comporta l’impegno a sostenerne le attività al fine di «conservare e rinnovare l’eredità culturale vivente di determinati territori e delle popolazioni che li abitano, di favorire processi di sviluppo sostenibile a partire dal patrimonio locale, di salvaguardare i paesaggi tipici lombardi e di valorizzare la diversità culturale dei luoghi… favorire lo sviluppo dell’attività in rete e l ’utilizzo di risorse dell’Unione Europea, nazionali e private a sostegno degli ecomusei».
Con queste finalità l’ecomuseo è stato inserito nel novero degli “Istituti culturali”: va chiarito che questa definizione è funzionale al ruolo che Regione Lombardia può assumere nei confronti di specifici soggetti giuridici e non ha la pretesa di sostituirsi alle molteplici e più puntuali definizioni teoriche esistenti su cosa sia o debba essere un ecomuseo.
Circa il necessario lavoro di monitoraggio sugli ecomusei riconosciuti, è stato recentemente concluso un lungo lavoro di verifica e accompagnamento, avviato nel 2016 e concluso nel 2020, attivato dall’Archivio di Etnografia e Storia Sociale di Regione Lombardia (AESS) su tutto il territorio lombardo e che è stata l’occasione per una riflessione collettiva generale sullo stato di fatto dell’esperienza degli ecomusei lombardi a un decennio di distanza dalla prima legge regionale.
Gli esiti di questa verifica hanno portato a:
- ridefinire l’assetto complessivo della rete regionale e fissare il numero degli ecomusei che hanno visto confermato il proprio riconoscimento in 34 a fronte dei 44 iniziali. Alcuni ecomusei infatti hanno cessato le proprie attività o non sono riusciti a mantenere i requisiti minimi previsti. Ciò non deve sorprendere se, come direbbe De Varine, un ecomuseo come ogni processo può essere interrotto da ragioni esterne dai suoi obiettivi di partenza. La sua cessazione è una eventualità naturale poiché la sua esperienza si innesta in un contesto sociale in costante mutamento. Questo dinamismo porta, per chi non ne comprenda appieno il valore, a una valutazione superficiale di questa esperienza considerata fragile. In realtà quella che viene indicata come criticità, è viceversa spesso la forza o per meglio dire l’essenza stessa di un ecomuseo che per sua natura è dinamico e fluido. La sua instabilità, è data anche dalla sua complessità e ciò comporta necessariamente un’azione di verifica permanente sulle sue condizioni di salute. L’eventuale cessazione dell’attività ecomuseale, per altro, non invalida di per sé il valore di questa esperienza in toto e di un eventuale percorso che porta con sé un lascito alle dinamiche territoriali e che può essere anche ripreso quando le condizioni necessarie alla sua esistenza tornino a manifestarsi. Esistono comunque esperienze strutturate e significative che è improbabile si esauriscano nell’immediato, soprattutto laddove questa esperienza trovi una comunità che sappia riconoscere il proprio patrimonio vivente, e stimoli il dialogo tra generazioni e dove la ricchezza delle attività, realizzate grazie al coinvolgimento attivo delle popolazioni attraverso dei percorsi partecipati, abbiano una ricaduta permanente e continuativa sul territorio. In particolare, dove le azioni costruite con i soggetti economici, sociali, culturali portino a delle risultanze concrete in termini di attivazione di microeconomie, turismo di prossimità, e in generale a tutto ciò che di positivo può essere attivato attraverso le reti sociali per rilanciare la vocazione di un territorio;
- una revisione dei requisiti minimi di qualità, in base ai quali sono determinati gli ecomusei riconosciuti. Il documento approvato con DGR 22 luglio 2019 n. XI/1959 “Riconoscimento regionale degli ecomusei in Lombardia”, ha tenuto conto dell’evolversi del dibattito teorico internazionale sul tema e dell’aggiornamento normativo ai diversi livelli di scala ma con standard strettamente correlati alla realtà del territorio e delle diverse governance lombarde. Alcune novità riguardano la visione di un “Progetto ecomuseale” che definisca in modo più organico il complesso degli elementi da considerare per presentare le attività e gli obiettivi strategici. Il progetto deve essere sostenibile e la partecipazione fattiva della popolazione (un elemento di criticità generale) deve essere determinante sulle decisioni assunte. Ciò anche attraverso nuovi strumenti di cittadinanza attiva come la modalità del consenso libero e informato quale volontà che viene espressa dagli attori locali ad aderire al progetto ecomuseale. Sul fronte della comunicazione, l’ecomuseo deve avere attivato forme di comunicazione digitale dedicate e pubblicare con licenza aperta gli elenchi del patrimonio e degli itinerari culturali, per aumentare la partecipazione delle comunità oltre che diffondere dati utilizzabili da tutti.
Il rapporto tra Regione e la Rete degli ecomusei lombardi è di fattiva collaborazione. Oltre che con i lavori della Consulta degli ecomusei, uno strumento di approfondimento e dialogo, l’esperienza degli ecomusei sui territori ha fornito un valido apporto di idee per la programmazione regionale sia attraverso il contributo di specifiche osservazioni nelle fasi di consultazione al PTR in fase di variante, comprensivo della sua componente paesaggistica (che si appresta a essere a breve approvato) che relativamente alla redazione della legge quadro sulla Cultura sopra menzionata, per i temi di interesse.
Gli ecomusei lombardi non sfuggono alle criticità che affliggono atavicamente questi istituti culturali: problemi di autonomia finanziaria; scarsa capacità progettuale a reperire fondi attraverso bandi di finanziamento; problemi organizzativi; mancanza di dotazione di risorse umane, specificatamente dedicate e incaricate (prevalentemente volontariato); difficoltà nella messa ‘’in rete’’ delle varie realtà culturali ed economiche sul territorio; in generale, una difficoltà nel redigere un programma di attività pianificate e di lungo respiro con obiettivi strategici definiti.
Coscienti di questi problemi, l’impegno al supporto delle attività ecomuseali non può che essere strutturato nel lungo periodo, così come per tutti processi culturali, e deve essere chiaro che un lavoro di costante accompagnamento può non condurre necessariamente e immediatamente a esiti di buone pratiche che corrispondano in modo automatico allo sforzo profuso: è sempre il territorio a decidere se rispondere positivamente o meno a raccogliere le sollecitazioni esterne e farsi carico dell’attivazione e della promozione di questa esperienza.
Non aiuta, in qualche caso, una resistenza all’uso collettivo della cultura e al coinvolgimento e la partecipazione attiva della popolazione ai processi di valorizzazione e salvaguardia del loro patrimonio culturale, nonostante le molte istanze che impongono di rivisitarne il ruolo.
Questi concetti, in particolare quello di partecipazione per la salvaguardia, sono espressi nella “Convenzione per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale” adottata dall’UNESCO nel 2003. La Convenzione introduce nuove riflessioni sulle metodologie di ricerca, portando nuovi principi nelle pratiche di riconoscimento e inventariazione dei beni intangibili. Parte integrante, nei processi di salvaguardia, sono gli inventari del patrimonio immateriale, perché aumentano la consapevolezza del patrimonio nel processo di costruzione dell’identità individuale e collettiva. Concetti di fondamentale importanza anche nell’ambito di competenza ecomuseale. Il riconoscimento normativo del patrimonio culturale immateriale con la legge regionale n. 25/2016 (artt. 13 e 22) ha consentito, attraverso l’Archivio di Etnografia e Storia Sociale, la progettazione europea e la condivisione con partner internazionali, di implementare l’Inventario del Patrimonio Culturale Immateriale delle Regioni Alpine “Intangible Search” (www.Intangiblesearch.eu) uno strumento per diffondere la conoscenza di questo patrimonio, che speriamo possa essere progressivamente implementato anche grazie alle esperienze degli ecomusei lombardi.
In questo difficile periodo di pandemia, dove il valore delle comunità è cresciuto nella consapevolezza collettiva, l’ecomuseo può esprimere appieno il valore del proprio ruolo. Un’esperienza privilegiata per: la creazione e l’attuazione di buone pratiche comunitarie; la messa in luce delle qualità dei territori e il loro sviluppo armonico all’interno di un modello di sostenibilità ambientale e sociale; un fondamentale strumento di valorizzazione integrata dell’offerta culturale di un territorio che può dare un contributo alla ripartenza e il rilancio delle realtà locali.
In questa prospettiva, prosegue il costante lavoro di ascolto e dialogo della Regione con le comunità lombarde per sostenere lo sviluppo degli ecomusei e con la rete culturale degli ecomusei a livello nazionale e internazionale.
