UCTAT Newsletter n.29 – dicembre 2020
di Federica Dell’Acqua
Le criticità ambientali cui le città vanno incontro impongono un ripensamento degli approcci analitici e progettuali con le quali affrontare le trasformazioni dell’habitat. Queste ultime concorrono all’alterazione degli equilibri ecosistemici dai quali dipendono il benessere, la salute e l’accesso alle risorse. L’inderogabilità delle questioni ambientali chiama in causa il progetto urbano come luogo in cui mettere a sistema soluzioni transcalari e multiobiettivo.
In questo quadro si inserisce la tematica delle infrastrutture verdi (Green Infrastructure – GI) quale declinazione a differenti scale del fattore natura nelle città. La letteratura riconosce ad esse una capacità di contribuire alla qualità ambientale dei sistemi antropizzati e, più specificamente, una potenziale funzione di riduzione della vulnerabilità rispetto agli impatti dei cambiamenti climatici (ondate di calore, fenomeni di inondazione, runoff).
Adottato in svariati campi disciplinari e ampiamente assunto negli ambiti della progettazione e della pianificazione, il termine infrastruttura verde (green infrastructure – GI) trova significato in più di una definizione. Principalmente rappresentata da due matrici culturali e geografiche diverse, l’una statunitense e l’altra europea, la letteratura in materia trova un riferimento in autori quali Benedict e McMahon che nei primi anni 2000 negli Stati Uniti legano il concetto di infrastruttura verde a quello di network interconnesso di «aree naturali e altri spazi aperti che conservano i valori e le funzioni dell’ecosistema naturale, supportano la qualità dell’acqua e dell’aria e forniscono una vasta gamma di benefici alle persone». Questo approccio sottolinea così la natura sistemica di tali infrastrutture e la diretta connessione con il concetto di beneficio ecologico e di servizio ecosistemico che esse sono in grado di erogare.
Nel 2001 l’European Environmental Agency adotta il termine per indicare «un network di green feautures interconnesse, portatrici di benefici aggiuntivi». Il lavoro di Ulf G. Sandström (2002), diversamente, sottolinea il valore multifunzionale delle aree verdi e riconosce alle GI un ruolo fondamentale nel contribuire ad uno sviluppo urbano in chiave sostenibile.
Il cuore del concetto di GI risiede pertanto nel comprenderne i vantaggi legati all’interconnettività e nel concepirle oltre la semplice addizione di parti. Quest’ultima produce infatti minori benefici rispetto al potenziale espresso dalla loro sinergia. La nozione di GI si qualifica così per le caratteristiche di multifunzionalità, correlazione, natura sistemica ed erogazione di servizi diversificati.
Tra i principali obiettivi raggiungibili attraverso la progettazione di green infrastructure, emergono quelli legati al mantenimento e all’implementazione della biodiversità, alla gestione della risorsa acqua, alle funzioni ricreative e infine al controllo e definizione dell’interfaccia rurale-urbano, assumendo un ruolo strategico per l’adattamento climatico delle città attraverso i servizi ecosistemici e i benefici di tipo ecologico, economico e sociale che le GI sono in grado di erogare.
Tuttavia nuove declinazione delle infrastrutture verdi emergono all’indomani di una realtà notevolmente cambiata. Le emergenze ambientali sono oggi entrate nel quotidiano e preludono a nuove condizioni di normalità. Come osservato nel 2020 da Gideon Lichfield, editor-in-chief presso il MIT Technology Review, l’emergenza rappresenta «non […] una temporanea messa in pausa della vita come la conoscevamo, ma l’inizio di una completamente diversa» puntando così l’attenzione sull’inizio di una nuova fase, responsabile di importanti ricadute sugli stili di vita.
La società del rischio, come teorizzata da Edgar Morin negli anni Novanta, torna oggi più di prima attuale come società esposta a minacce di natura globale ma ancora poco disponibile a impegnarsi per contrastare tale rischio a scapito dello sviluppo.
Prateeksha Singh (2020), Responsabile del Dipartimento di Sperimentazione dell’UNDP AP – United Nations Development Programme Asia and Pacific Regional Innovation Teamsintetizza il difficile periodo che la società sta vivendo con 5 nuove forme di “normalità” destinate a rappresentare i futuri assetti finanziari, sociali e culturali. I ‘5 new normals’ sono costituiti da cambiamento tecnologico e relative influenze, nuovi centri della governance, territorio economico inesplorato, opportunità-minacce del cambiamento climatico e rapporto tra distanziamento sociale e connettività collettiva. Tali nuove normalità sembra sottendere un principio di accettazione dell’emergenza legata a impatti ambientali di diversa natura, con inevitabili ricadute nel campo del progetto. Si presentano pertanto stati di necessità che richiedono particolari riqualificazioni dello spazio abitabile, inclusive di nuove esigenze di benessere, salute e protezione da minacce diversificate.
Le necessità di adattamento – agli effetti degli squilibri ecosistemici, agli impatti dei fenomeni del cambiamento climatico – si estendono ai cicli di isolamento-prossimità sociale, ai principi di confinamento e alla progressiva dematerializzazione degli spazi di lavoro, di incontro e del vivere quotidiano.
Qui le infrastrutture verdi possono costituire importanti sistemi di supporto alla vita in presenza delle varie forme assunte dalla crisi ambientale. Se il concetto di infrastruttura chiama in causa quello di rete – umana, informatica, ecosistemica – di fronte al rischio di minacce multiple quello di green infrastructure diventa oggi la base a partire dalla quale stringere nuove e più forti alleanze con la natura.
Diversamente dal concetto di greening come conosciuto in passato, la struttura a rete qualifica le green infrastructure sviluppando il potenziale della vegetazione per il progetto urbano come risposta alle tematiche dell’abitare oggi inscindibili da quelle dagli impatti ambientali.
È su questo presupposto che le infrastrutture verdi per il progetto urbano devono diventare funzionali all’adattamento inteso nelle forme più late, all’inclusione sempre maggiore delle componenti immateriali – le reti digitali come supporto al mantenimento e alla cura del capitale naturale nei contesti urbani- e al rendere gli spazi aperti luoghi potenzialmente sicuri di riconquista di una, seppur nuova, normalità.