Il valore dell’area dello scalo di Porta Romana

UCTAT Newsletter n.38 – ottobre 2021

di Carlo Lolla

Prima di iniziare un breve commento sull’area dello Scalo di Porta Romana ritengo opportuno domandarsi l’alto costo di acquisizione e quindi l’impatto sul mercato confrontandolo con altra area milanese, posta sempre in zona sud di Milano e ben servita anch’essa. Il tutto come premessa.

L’area edificabile, che accennavo per il confronto, è di 25 Ha circa. Il terreno, per l’esattezza, ha una superficie di 247.097,00 mq., ed era di proprietà del gruppo Acqua Marcia Immobiliare srl., trovasi in via Calchi Taeggi/Bisceglie e, seppur in zona periferica ma servitissima, si fa per dire, è adiacente al capolinea della MM1 Bisceglie.

L’iter operativo-amministrativo ebbe uno stop a causa di problemi tecnici e finanziari, e la conseguenza fu che la società Acqua Marcia fallì e il cespite venne messo all’asta. Per la riqualificazione dell’area si propose un P.I.I. (Piano Integrato di Intervento), e Acqua Marcia si associò, nella proposta, con l’impresa Borio & Mangiarotti proprietaria di un’area limitrofa, denominata “Torri Parco Bisceglie”. Tutte e due le proprietà, presentando il Piano Integrato di Intervento ottennero l’autorizzazione a edificare. Vennero presentati i primi progetti ma, come a volte capita, alcuni comitati esterni di cittadini, con il contributo della Zona, iniziarono a contestare sulla inadeguatezza del progetto, sulla sua eccessiva volumetria e su una ex-area di risulta di materiali edili. Tant’è che intervenne la Procura, aprì un processo e il capo di imputazione fu lo stato di bonifica del  terreno. Si perse del tempo, circa tre anni, ma alla fine tutti furono assolti con formula piena, ma creando costi processuali e non solo. Tant’è che il processo creò al gruppo Acqua Marcia qualche problema finanziario, grazie soprattutto a questo fermo cantiere, e la conclusione fu: fallimento. L’area Acqua Marcia fu messa all’asta.

Dopo un congruo periodo di tempo,l’unica offerta presentata fu quella dell’impresa Borio Mangiarotti (l’altro soggetto principale dell’iniziativa). La proposta, irrevocabile d’acquisto,  della Borio Mangiarotti fu di € 7.400.000,00, con pagamento dilazionato, pari ad un valore di circa 296 mila  euro all’ettaro. Questo valore proposto rimase agli atti per diverso tempo, e nessun altro stakeholders, pur conoscendone la disponibilità, presentò un’offerta superiore.

L’area era appetibile e apparve strano che nessuno operatore, finanziatore, fondo d’investimento non abbia dato segni di interesse. Chissà come mai. Così la Borio Mangiarotti, già partner di Acqua Marcia S.P.A., nel P.I.I. (Piano Integrato d’Intervento) come Torri Parco Bisceglie, riuscì ad acquisire l’area.

Ora l’attuale progetto di Calchi Taeggi/Bisceglie, denominato non più Torri Parco Bisceglie, ha preso l’appellativo come “Sei Milano”. Il masterplan è rimasto pressoché lo stesso all’originale, e si buon ben dire che l’operatore ne ha tratto  un grande vantaggio (valore di acquisizione, 296.000,00 euro/ettaro!), oltre ad altri vari benefit. Il grosso delle pratiche amministrative era già praticamente quasi fatto anni prima con Acqua Marcia, la stessa aveva scucito indennizzi per liberare orti abusivi che insistevano sul terreno. E’ anche vero che qualcosa è stato modificato nella posizione morfologica degli edifici; il boulevard è nella stessa sede; la percorrenza interna pure; gli svincoli esterni, già studiati e discussi negli anni 2000 idem; gli edifici si modificheranno  un po’ nel design; al verde ora si interessa lo studio paesaggistico Michel Desvign (allora era la Land.srl); il progetto integrativo ora è dello studio di architettura Mario Cuccinella (ai tempi era lo studio di architettura Piergiorgio  Armani di Piacenza); persino lo studio legale Gianni & Origoni è presente ora come allora. Si può ben dire che l’iniziativa ha avuto un grosso contributo a suo tempo.

La conclusione mi pare ovvia: il prezzo corrisposto per l’area Calchi Taeggi/Bisceglie è stato un grosso affare, e se lo  paragoniamo al valore di acquisizione da parte della società  Coima S.G.R, molto addentro all’operazione Scali Ferroviari di Milano, si può ben dire che l’esborso per aggiudicarsi il terreno dello Scalo di Porta Romana (prospettiva Villaggio Olimpico 2026) a soli 9 milioni di euro all’ettaro è trenta volte superiore!

Mi domando a quale prezzo saranno venduti gli alloggi, se non li avranno venduti prima sulla  carta,  una volta terminate le Olimpiadi del 2026, da parte della proprietà.

Ci si può porre degli interrogativi? Come mai, prima che si assegnasse l’area da parte del giudice del fallimento alla Borio Mangiarotti, nessuno tra Fondazioni, Imprese costruttrici, Fondi di Investimento, Gruppi Finanziari non hanno ritenuto che il prezzo offerto era un po’ bassino e che quindi era il caso di pensarci e approfittarne?  Forse temere un rischio politico, nel senso di evitare conflitti? Paura di intralcio tra potenti interessi? Bah! Può essere. Fatto sta che l’area dello Scalo Romana costa 9.000.000,00 di euro per Ettaro pari a 180.000.000,00 milioni complessivi!!!

Per lo Scalo è stato promosso il bando dal Fondo Porta Romana (partecipato da Coima Esg City Impact Fund, Covivio e Prada Holding), e ha sortito un progetto vinto dallo studio Outocomist, Diller Scofidio + Renfro, PLP Architecture, Carlo Ratti Associati, con Gross. Max., Nigel Dunnett Studio, Arup, Portland Design, Systematica, Studio Zoppini, Aecom, Land, Artelia, Un progetto scelto tra sei team finalisti.

Il “Parco Romana”, così viene definito per il momento, progettato in questa grande area dell’ex scalo ferroviario, verrà utilizzato dapprima come villaggio Olimpico per le Olimpiadi invernali Milano Cortina del 2026, e prevederà in seguito residenze e spazi lavorativi in una zona chiamata “car free”, per una disponibilità di circa 10mila persone.

Il progetto prevede più che altro il recupero di un area fatiscente, con conseguente rinnovamento architettonico dello Scalo ferroviario di Porta Romana, desiderato, previsto, voluto dalla Fondazione Prada, che già anni prima aveva previsto di rigenerare la zona come primo passo nel realizzare un complesso museale, tant’è che negli ultimi anni questa fetta di periferia a sud della città ha iniziato a rinnovarsi  in strutture e servizi.

La trasformazione dello spazio seguirà più o meno alcuni step. L’intenzione principale è quella di creare un bene pubblico ricco di biodiversità; mettere in simbiosi con il paesaggio naturale; fare interventi di mitigazione della ferrovia; ideare una highline per la gente che sia in relazione con spazi pubblici e privati; un’idea colta dalla linea sopraelevata delle ferrovie a Manhattan; cortili socializzanti; piazza pubblica a più livelli; uffici; villaggio olimpico con futura residenza; modello digitale dello sviluppo fisico; valutazione della vita continua; ottimizzare i fattori economici, sociali, culturali e ambientali; allinearsi negli obbiettivi di ambiente ed ecologia ai protocolli di Parigi e al green europeo, nonché resilienza.

Questo in sintesi quello che si sono prefissi gli studi operativi al progetto generale.

Non sappiamo ancora come, ma riteniamo importante che sia eseguita una bonifica capillare onde evitare passate esperienze tipo Expo, Area Gasometri, Santa Giulia, ed evitare varianti in corso d’opera massacrabili.

Non so perché la linea ferroviaria, tuttora attiva, sia solamente coperta in parte, circa 100 metri. La motivazione di questa scelta è riferita al dato che non è possibile scavare a fondo nella parte lasciata scoperta giacché  esistono in sottosuolo canali che ne ostacolano la fattibilità. Sarà vero ma tutto si può fare. Come intendono coprire il breve tratto, creando una piccola collina verde, è possibile farlo per tutta la sua lunghezza dell’area da est ad ovest.

Questo si potrebbe benissimo rendere operante tramite una copertura con terrapieni artificiali, anche ampliando di più il tunnel di scorrimento, in modo tale che il soprastante futuro Parco sia più dolce e armonioso ,  ospitando  non solo la  linea ferroviaria, ma una eventuale nuova strada di scorrimento, utile per l’attraversamento da est a ovest e da nord a sud; immettere gallerie  tecnologiche, evitando così futuri scavi sia in sede stradale sia sui marciapiedi, un cuci e scuci continuo, come avviene normalmente eseguito nella nostra città dalle varie società di servizi.

Con i terrapieni artificiali si possono raggiungere altezze di poco più di 8 metri. Si avrebbe, così, un radicale miglioramento ambientale in tutta l’area, con innovazioni urbanistiche di segno positivo. Penso sia un’occasione unica di un intervento determinante e una grande opportunità nell’interesse di tutta la città che saprà cogliere e apprezzare.

Si vuole mitigare? Bene! Il valore urbanistico-ambientale delle opere in sotterraneo tendono sempre a mitigare al massimo l’impatto ambientale, rendendolo, le aree soprastanti, più gradevoli e paesaggisticamente  più libere e pulite.

L’interramento coordinato con le nuove esigenze tecnologiche in spazi  modularmente pensati, offre al pedone, al  verde, ai musei, alle opere d’arte, alle fontane, ai monumenti, alle attività ludiche, spazi da usufruire, e conseguentemente di integrazione non solo in periferia, dando un equilibrio nel tessuto urbano.

Guardando il masterplan personalmente non amo edifici ad C, li ritengo troppo pesanti esteticamente, gravano nel design così come eventuali edifici trapezoidali che richiamano la sagoma dei templi Maya. Inoltre mi domando: ma una volta terminato l’intervento siamo sicuri che l’ordine, la manutenzione, la pulizia avranno la massima attenzione? Con tutti quegli spazi aperti, quei su e giù dalle scale per giungere alla stazione, quei passaggi coperti traforati, quegli angoli angusti, oltre alle are scoperte  a  prato: quale sarà la stato? Non è che ci troveremo con spazi, angoli, camminamenti di una sporcizia unica? In una progettazione penso che si deve pensare anche a questi futuri obblighi. Ci sarà attenzione da parte delle forze dell’ordine poter controllare, così da evitare zone d’ombra dove il mal costume, e la malavita la potranno fare da padroni? Tutto è bello, ma fintanto che la società  civile non raggiunge quel trend rispettoso e civile della cosa comune, il progetto sulla carta sarà piacevole, gradevole, affascinante ma poi può diventare la rappresentazione di una discarica.

Il progetto deve avere quella capacità psicologica-economica, in grado di offrire una soluzione a vecchissimi problemi urbanistici milanesi, soprattutto rilanciare la vivibilità della periferia. Questo diaframma attualmente crea una barriera ai limiti dell’incomunicabilità ed ben si fa nel ricomporre questo vuoto urbano. Ciò evita l’ emarginazione e la vita, già di per sé difficile, ai limiti della ghettizzazione,

Questa futura apertura e unione  cittadina, offrendo spazi ad uso pubblico, spazi a verde, completo di essenze appagatrici all’animo. Se poi si collegasse l’area recuperata ai raggi verdi, di preistorica memoria, sarebbe un fiore all’occhiello in più.

Scalo di Porta Romana, ottobre 2021 (Fonte: Gruppo Facebook Milano Scalo Romana).
Torna all’Indice della Newsletter