Immaginazione utopica e progettazione partecipata

UCTAT Newsletter n.31 – febbraio 2021

di Luca Mori – Filosofo e formatore

Dal momento che ogni progetto relativo al paesaggio comporta un confronto tra quel che c’è e quel che non c’è ancora (o non ci sarà più), la qualità dei progetti dipende anche dalla qualità dell’immaginazione di chi partecipa alla loro ideazione.

Nonostante la sua centralità per la buona gestione dei paesaggi esistenti e per quelli futuri, tuttavia, spesso nell’educazione al paesaggio viene riservato poco spazio all’esercizio dell’immaginazione: si dedica cioè poco tempo ad immaginare i paesaggi futuri, sia nel senso del futuro probabile in base alle tendenze in atto (anticipazione), sia nel senso dei futuri possibili e auspicabili in base al criterio della migliore e durevole vivibilità (lo conferma, ad esempio, la ricerca Raccontami un paesaggio, realizzata dal Dipartimento di Studi Storici, Geografici e dell’Antichità dell’Università di Padova, in collaborazione con il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, dopo aver recensito 312 progetti educativi e 59 attività di formazione: cfr. M. Cisani, B. Castiglioni, “Idee di paesaggio nei contesti educativi: attori, progetti e obiettivi”, Ri-Vista. Ricerche per la progettazione del paesaggio, 17, 1, 2019, pp. 110-127).

Certamente lo studio del passato e la lettura del presente sono attività fondamentali in molti sensi e peraltro utili anche all’esercizio dell’immaginazione, perché la alimentano e le permettono di non girare a vuoto, ma l’immaginazione ha bisogno anche di uno spazio d’esercizio proprio. Se si condividono queste premesse, diventa necessario chiedersi come sia possibile “allenare” la capacità di immaginare paesaggi.

Un modo può essere quello di affrontare in gruppo l’esperimento mentale dell’utopia, cioè uno degli esperimenti mentali più complessi che gli esseri umani abbiano concepito. È possibile farlo sia con bambini e adolescenti nelle scuole primarie e secondarie, sia con studenti universitari e adulti di qualsiasi età e professione, compresi i professionisti della progettazione del paesaggio (si veda un resoconto di quindici anni di ricerche sull’immaginario utopico contemporaneo nel libro L. Mori, Paesaggi utopici. Un manifesto intergenerazionale sulla vivibilità, Edizioni ETS, Pisa 2020).

In estrema sintesi, l’esperimento mentale dell’utopia richiede di immaginare cosa si dovrebbe fare andando ad abitare per primi in un luogo disabitato, fondando per così dire un nuovo paese in cui vivere con l’obiettivo di farne un luogo in cui si possa vivere al meglio delle umane possibilità. In effetti la storia dell’utopia nasce in Grecia, in un’epoca in cui c’erano l’esigenza e l’opportunità di fondare colonie, ripensando ogni volta gli elementi fondamentali della polis e le condizioni della sua buona vivibilità. Da Mileto, ad esempio, ebbero probabilmente origine trecento città e, come ha scritto Lewis Mumford, «finché c’erano nuove città da fondare, non mancavano possibilità di cambiamenti e tentativi» (L. Mumford, Storia dell’utopia, trad. it. di R. D’Agostino, Donzelli, Roma 2008p. 23). Lo stesso Platone, quando nella Repubblica mette in scena Socrate che invita a ragionare come se si dovesse fondare a parole una nuova città, utilizza il verbo katoikizein, che evocava l’atto di fondazione di una nuova colonia. Ma perché oggi si dovrebbe dedicare del tempo a immaginare utopie?

In primo luogo perché, a scanso di equivoci, immaginare un’utopia non significa perdere del tempo costruendo castelli in aria, ma raccogliere intuizioni applicabili alla negoziazione e alla progettazione dei paesaggi reali in cui si vive. Grazie all’esperimento mentale dell’utopia, infatti, bambini, adolescenti, adulti e anziani – compresi tecnici e professionisti della progettazione del paesaggio – possono condividere e dare forma a intuizioni sul loro ideale di paesaggio che difficilmente verrebbero messe a fuoco nelle conversazioni ordinarie sui paesaggi esistenti. Per illustrare il processo, è bene tenere presente una considerazione del filosofo contemporaneo Daniel Dennett, valida sia per gli esperimenti mentali propri della filosofia, sia per quelli escogitati e affrontati dagli scienziati: gli esperimenti mentali funzionano come pompe dell’intuizione (intuition pumps) perché sollevano e mettono in circolazione nei gruppi delle intuizioni e dei pensieri che altrimenti resterebbero non pensati, non colti e non detti (cfr. D. Dennett, Strumenti per pensare, trad. it., Raffaello Cortina Editore, Milano 2014).

Come aveva già suggerito Socrate nella Repubblica di Platone, l’esperimento mentale funziona come una lente attraverso cui è possibile cogliere in modo nitido le principali aspirazioni e le preoccupazioni (ma anche le contraddizioni) di una comunità di persone in relazione al paesaggio. Utilizzare questa lente diventa sempre più importante tenendo conto delle sfide inedite del XXI secolo in termini di vivibilità e sostenibilità: l’aspetto e il futuro dei paesaggi in cui viviamo – dei paesaggi “concreti” che concorriamo ogni giorno a costruire per noi stessi e per le generazioni future – potrebbero dipendere molto anche dall’aspetto delle utopie che oggi riusciamo ad immaginare e a condividere con agli altri.

Per dare un’idea (riassuntiva e parziale) degli esiti a cui possono condurre le conversazioni sull’utopia, riporto nella seguente tabella le priorità e i nodi da sciogliere tipici rilevabili con maggiore frequenza nei diversi gruppi d’età considerati nel già citato Paesaggi utopici:

 PrioritàNodi da sciogliere
Adulti e anzianiCura del nesso circolare tra pianificazione territoriale e “senso della comunità”; riserve naturali; esercitare il senso del limite per “preservare l’ambiente”; ridurre la frenesia; ricorso alle energie rinnovabili; tenere presenti gli errori del passato; mobilità sostenibile (piste ciclabili, treni elettrici, trasporti pubblici)Costruire troppo (eccesso di consumo di suolo); realizzazione delle infrastrutture; ridurre l’inquinamento; gestione e smaltimento dei rifiuti e dei liquami; cambiare gli “schemi mentali”; abbandonare il consumismo
Giovani tra scuola secondaria e UniversitàPaesaggio esteticamente bello; ambiente sano; preservare lo stato naturale; accessibilità e mobilità sostenibile (piste ciclabili, mezzi elettrici, trasporti pubblici); aree protette; vivibilità per gli esseri umani, ma anche per la flora e la fauna; esercitare il senso del limite e avere feedback sugli effetti di quel che si fa nell’ambiente; energie rinnovabili; urban nature;risparmiare spazio; vita più “semplice”Consumo di suolo; smaltimento dei rifiuti; confine tra “indispensabile” e “superfluo”; inquinamento; conciliare “bellezza del paesaggio” e “comodità” (in quanto alcune scelte che appaiono favorevoli in termini di bellezza sembrano comportare scomodità: è il caso, ad esempio, del divieto di circolazione per i mezzi privati su gomma); gestione del turismo
Bambine e bambini della scuola primariaRispettare la natura; non inquinare; non sprecare; curare gli alberi (non tagliarne troppi); non occupare troppo spazio con le costruzioni; mobilità sostenibile (piste ciclabili, mezzi elettrici, trasporti pubblici); energie rinnovabili e riduzione del consumo energetico; paesaggio bello da vivere; ambiente sanoStrutture per la difesa (mura, tettoie, cupole protettive); tecnologie che “ammaliano”; densità abitativa

Attraverso l’immaginazione di un mondo simulato vediamo meglio, come in filigrana, le trame sottili che organizzano le esperienze abituali del paesaggio. Ce n’è abbastanza per ispirare uno o più programmi politici o di progettazione dei paesaggi futuri, che tenendo seriamente conto delle priorità sopra elencate toccherebbero le aspirazioni utopiche di molti cittadini di tutte le età; è pur vero che nel mondo reale tali aspirazioni incontrano molte resistenze, perfino in chi le coltiva segretamente e le esprime soltanto durante il lavoro sull’utopia; ma forse la curiosità verso i buoni esempi e il fascino dei piccoli cambiamenti potrebbero vincere parte di quelle resistenze e rendere i paesaggi attorno a noi se non più carichi di utopia, almeno meno carichi di distopia.

Emilio Gola, Paesaggio nei dintorni di Milano, 1891.
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