UCTAT Newsletter n.35 – giugno 2021
di Luca Bertoli
L’ approccio al cambiamento sociale e alle mutazioni dello spazio antropizzato caratterizza ogni fase dell’evoluzione storica di tutte le civiltà. Nelle nostre culture tali studi sono concentrati in modo quasi esclusivo sui fenomeni di urbanizzazione nelle analisi sia della gestione dei fenomeni di sviluppo sia di riqualificazione e rigenerazione dei tessuti consolidati e dismessi.
Quest’ultimo aspetto riguarda in modo particolare le culture con una lunga storia di sviluppo urbano come quella europea e alcune zone dell’asia orientale.
L’occidente e in particolare l’Europa e il Nord America vivono la grande fortuna di un lungo periodo di sviluppo socioeconomico in un clima di pace e di costante sviluppo. Periodo dove i processi di evoluzione hanno portato ad una concezione della percezione del tempo come un continuum progressivo, privo di accelerazioni e di stravolgimenti derivanti da eventi topici come guerre e rivoluzioni. Fenomeni questi che ci hanno coinvolto solo in modo indiretto e distaccato.
Come connettere questa riflessione al Masterplan di rigenerazione urbana dello scalo di Porta Romana ed in modo particolare all’ipotesi (peraltro ancora non certa) della realizzazione del percorso sopraelevato definito la “Foresta sospesa”?
Ebbene la percezione del tempo rappresenta una delle principali variabili culturali nell’approccio alla ricerca alla motivazione ed alla definizione delle soluzioni che viene in genere dato come scontato in quanto intrinseco nei nostri principi comportamentali, di espressione e di comunicazione. In realtà le diverse culture affrontano i processi decisionali in modi differenti e l’approccio alla sequenza temporale rappresenta una variabile che fortemente influenza sia l’analisi del passato sia le modalità di gestione del processo sia, infine, la definizione del risultato e la sua adeguatezza funzionale nel futuro.
Interessanti sono le considerazioni e gli studi negli approcci sociali al tempo. L’antropologo Edward T. Hall nel saggio “The dance of Life: The Other Dimension Of time” per primo approfondisce la distinzione tra le culture “Mono-croniche”, tipica delle società anglosassoni e nordiche, e le culture “Poli-croniche” che caratterizzano in modo più diffuso le società asiatiche, arabe e in parte contaminano alcune culture latine mediterranee.
Più recentemente tali temi trovano interessanti approfondimenti in termini di approccio manageriale da Erin Meyer nel suo saggio “La Mappa Delle Culture”. Meyer evidenzia come la percezione “Mono-cronica” sia caratterizzata da rigidi vincoli di sequenzialità tra le attività ed eventi. Vincoli che, una volta testati, possano costituire una garanzia della qualità del risultato. Le attività sono percepite principalmente in termini di sequenza prima ancora che di collocazione nel tempo e di relazione con il contesto storico. L’efficientismo della managerialità maniacale tende ad individua la qualità del risultato non tanto nella coerenza al contesto storico (passato ed evolutivo) quanto nel rispetto della procedura o nella replicazione di un processo che, in tempi e contesti differenti, ha consentito di perseguire risultati ritenuti validi e positivi.
La ricerca spasmodica dell’efficientismo manageriale sta diffondendo in modo pervasivo tale percezione a livello globale quale elemento di garanzia dei risultati.
Tale approccio tende a definire la validità del progetto sulla verifica del rispetto del processo di trasformazione e tende a ricercarne le valenze e le ispirazioni principalmente nell’analisi storica, indagando gli eventi del tempo passato, trasponendone la validità alle attività del presente e valutando la qualità dell’esito nella verifica del rispetto della procedura. Questo approccio tende a validare le conclusioni delle proprie attività riferendosi ad esempi ispiratori pregressi, individuandone le similitudini e prefigurando la positività dei risultati in termini di relatività rispetto agli esiti delle fonti analizzate.
Al contrario le culture caratterizzate da una percezione “Poli-cronica” del tempo sono caratterizzate da una grande libertà nello svolgimento delle attività, apparentemente caotica, ma molto più incline alla gestione delle variabili e alla soluzione degli imprevisti. Gli obiettivi di tale tipo di approccio legano l’esito del progetto alla visione del divenire e l’indagine delle valenze è maggiormente orientata alla visione all’indagine e alla prefigurazione del “tempo” futuro, proiettando l’analisi delle esigenze a quello che potrebbe essere, piuttosto a quello che è già stato.
Prima ancora di disquisire sui contenuti del Masterplan proposto dal gruppo vincitore del concorso per la riqualificazione dello scalo di Porta Romana ritengo utile approfondire alcune considerazioni sul metodo e in modo particolare dell’influenza della percezione del “tempo” nella definizione della proposta della cosiddetta “Foresta Sospesa”.
Premesso che le funzioni che il progetto si propone di risolvere, derivino dall’analisi di un quadro esigenziale reale e corretto del contesto specifico:
- in primo luogo la risoluzione della problematica dello scavalcamento della linea ferroviaria in direzione Nord Sud per realizzare una cucitura tra l’area residenziale storica confinata dalla cintura dalla circonvallazione di viale Isonzo e la riqualificazione delle zone industriali a sud dello scalo che di fatto ne rappresentavano la naturale estensione complementare;
- in secondo luogo, ma con una valenza secondaria, la realizzazione di una connessione Est Ovest, interna all’area di intervento, della quale non è evidente la valenza del riferimento a contesti di recupero che risultano lontani sia nelle condizioni al contorno sia alla collocazione temporale delle fasi di sviluppo progettuale e di realizzazione. L’adozione del modello dell’High Line Park come elemento di ispiratore presenta dei paradossi referenziali che sfociano in soluzioni approssimate, se non disfunzionali, rispetto alle reali necessità dell’intervento e della sua riconnessione con il territorio circostante.
Il progetto di New York aveva delle necessità simili e ha condotto ad un intervento di grande impatto positivo sul tessuto urbano. Oltre a divenire uno degli elementi di attrazione urbana e riferimento a livello internazionale. Ma non sempre gli stessi percorsi progettuali possono trovare gli stessi risultati in luoghi e in tempi diversi.
Il passato dell’High Line è diverso da quello dello scalo di Porta Romana come contesto e come tempo storico. Questo approccio ha portato al paradosso di risolvere esigenze reali del contesto locale dello Scalo di Porta Romana, riferendosi ad una soluzione di successo che, tuttavia non aveva gli stessi pregressi. Si produce il paradosso di produrre un nuovo manufatto che vuole simulare la riqualificazione di una struttura che non esisteva e non costituisce memoria dei luoghi e che addirittura trova delle difficoltà di integrazione con gli altri componenti del progetto stesso.
Il posizionamento sopra il sedime del tracciato ferroviario di un impalcato di spessore elevato, connesso alla scelta di mettere a dimora vegetazioni di alto fusto con apparati radicali importanti, ulteriormente aggravato dalla scelta di impostare tale impalcato sopra ad un sistema di elettrificazione dell’alimentazione della linea ferroviaria di tipo a catenaria e non a sospensione sotto l’impalcato, impone una quota relativa del piano di scavalcamento incrementata di almeno due/tre metri rispetto a soluzioni alternative. Soluzione che di fatto vanifica la potenzialità del parziale interramento della quota del ferro. I percorsi di connessione risultano difficilmente utilizzabili dagli utenti con ridotte capacità motorie ai quali l’accessibilità risulterebbe fortemente limitata e localizzata solo in alcuni degli accessi, rendendo la proposta fortemente incongruente con i principi del “Design for All” alla base delle linee guida ormai riconosciute a livello globale e fortemente caldeggiate a livello Europeo. Tali percorsi non risultano integrabili con le strategie di mobilità dolce quali biciclette o monopattini (soluzioni che, nelle more delle criticità emerse delle sperimentazioni degli ultimi anni, sono comunque riconosciuti come la soluzione ottimale per il trasporto urbano e costituiscono uno degli elementi fondamentali della visione futura della riqualificazione urbana dell’area milanese nell’ottica della “Citta in 15 minuti” che caratterizza i nuovi modelli di sviluppo metropolitano non solo per la città di Milano).
Rimangono poi indefiniti i rapporti con i luoghi connessi. Il percorso, con i vincoli geometrici sopracitati, risulta avere una connessione parzialmente incompiuta ad est con la piazza sospesa terminando con una troncatura sulla scalinata di accesso da piazzale Lodi e ad ovest dove il percorso termina sul cavalcavia di Viale Ripamonti senza definire un luogo che rappresenti un “dove” ma rimane una terminazione di un percorso su una sorta di incrocio.
Il timore in merito alla “Foresta Sospesa”, che nelle dichiarazioni dei proponenti risulta un elemento “opzionale”, è che possa, come di fatto è già stato, raccogliere numerose critiche di inadeguatezza funzionale che sono solo parzialmente compensate dai plausi per l’evocazione degli interventi di ispirazione. Fatto questo che costituisce una facile premessa all’eliminazione totale o parziale dell’intervento dal progetto che verrebbe a perdere una grande occasione per proporre invece una soluzione, magari più visionaria e funzionale al contesto specifico, che possa essa ambire a divenire elemento di ispirazione per progetti futuri anziché limitarsi al ruolo di copia.
Milano merita originalità.
In calce riporto l’intervento all’incontro con il municipio 4 commissione territorio mobilità e ambiente dello scorso 8/04/2021 nell’ambito del “Percorso di Consultazione Pubblica sul Masterplan di Rigenerazione dello Scalo” cui si rimanda per ulteriori approfondimenti: https://www.scaloportaromana.com/wp-content/uploads/2021/04/Dossier_Scalo_PortaRomana_2021_DEF_WEB_Singole.pdf

– Buonasera tutti. Sono l’ingegner Bertoli e parlo come vicepresidente dell’associazione culturale UCTAT. Siamo attivi sia in Municipio 4 che in Municipio 5. Volevo intervenire con due considerazioni sull’altezza degli scavalcamenti, che mi sembra siano coordinati in termini altimetrici con la foresta sospesa. L’unico dubbio che mi viene in mente, poi analizzeremo magari più nel dettaglio le cose e risponderemo in forma scritta, l’unico dubbio che mi salta all’occhio è quello che sostanzialmente si è fatto un grande sforzo per ottenere il semi-interramento della ferrovia e, di fatto, la quota di scavalco poi viene penalizzata dalla realizzazione delle vasche di contenimento di questa high line che viene messa esattamente sopra la ferrovia. Mi domando se posizionamento laterale non avrebbe potuto consentire un’altezza massima dello scavalcamento più bassa, anche nella logica che, guardando i render che poi dopo, ripeto, analizzeremo magari di più nel dettaglio, queste grandi scalinate che collegano Piazzale Lodi con queste piazze sospese mi sembrano molto contrastanti con le logiche del design for all per l’accessibilità da parte dei disabili a queste piazze, perché sicuramente sarà stato previsto il percorso, non ne dubito, ma è sicuramente un percorso diverso da quello dei normodotati e questo, secondo me non sarà un bell’oggetto, perché queste scalinate, lo vediamo a Milano, già in zona Porta Nuova sulle scalinate intorno la Torre Solaria, quelle intorno al negozio di automobili che è sotto la Torre Solaria, di fatto, sono poco utilizzate, poco utilizzabili e poco attrattive dal punto di vista del traffico pedonale. L’altro aspetto che non ho visto e che, secondo me, poteva essere un’opportunità di sviluppo, anche da un punto di vista immobiliare, forse, è il discorso dell’estensione di Piazzale Lodi, che la vedo trattata solo a livello di superficie e non a livello di interrato. Invece, dove probabilmente ci sarebbe stata la possibilità di un’estensione del Piano mezzanino della stazione della linea 3, con l’inserimento di funzioni anche commerciali o funzioni comunque diverse e attrattive, in collegamento diretto con la stazione della metropolitana, magari fornendo un percorso protetto all’interrato per accorciare il percorso esterno di collegamento con la stazione ferroviaria. Queste sono le considerazioni. La cosa che più mi lascia perplesso è il discorso dell’altezza di questa high line milanese, che è un buon progetto sicuramente interessante e forse anche molto ambito a Milano, se n’è parlato per il cavalcavia di Monteceneri, per il ponte di Piazzale Corvetto, ma il volerlo posizionare esattamente sopra i binari, secondo me, è stato non dico un autogol, ma comunque una penalizzazione sull’entità delle scalinate e sulla quota dello scavalcamento del sedime ferroviario. Questo era quello che volevo chiedere e volevo capire, perché proprio sopra la ferrovia, che sostanzialmente è stata messa sotto e poi praticamente la stessa quota è stata recuperata con il pacchetto della foresta sospesa. Grazie.