UCTAT Newsletter n.43 – marzo 2022
di Francesca Thiebat e Andrea Veglia
Con i piani Ina Casa del dopoguerra, prima Falchera e poi Vallette, Torino sceglie di far fronte alla drammatica richiesta di abitazioni rinunciando a espandere in modo armonico il tessuto consolidato della città per tentare la via di realizzare ex-novo e in tempi rapidi quartieri indipendenti in posizione decentrata.
Il quartiere Vallette nato sotto la spinta della grande migrazione verso il nord Italia industrializzato, fu immaginato nel 1958 come zona autosufficiente della città di Torino in cui diversi comparti residenziali si integravano attraverso aree verdi, campi sportivi e strutture adibite a servizi quali: asilo nido, scuole materna, elementari e medie, chiesa, zona commerciale coperta, mercato e bar.
Il Comitato di Coordinamento per L’Attività Edilizia nel 1954 aveva predisposto la costruzione di Vallette integrando diversi programmi residenziali tra cui INA Casa, UNRRA-Casas, IACP, INCIS avvalendosi di una Commissione per l’Edilizia Popolare (CEP). L’obiettivo era quello di avvicinare utenze diverse, da una parte i funzionari pubblici e dall’altra operai e profughi, per stimolare dinamiche sociali solidali e interclassiste. Studi storici recenti mettono però in discussione la capacità dei progettisti nell’interpretare la grande trasformazione delle condizioni di vita dell’epoca, in una logica, forse più politica, che ambiva a una visione basata su consumo-intimità-comunità (Comba, 2017).
Quest’isola slegata dalla città diventa occasione di cooperazione -e teatro di scontro- tra le varie anime della cultura architettonica torinese dell’epoca. Tenuti insieme dall’unico collante tecnologico dell’uso del cemento armato e dei paramenti in mattoni faccia a vista, i gruppi di progettazione tentano, ognuno nel suo “comparto”, approcci diversi che fanno riferimento a modelli culturali disparati, dalla casa rurale piemontese a tipologie di stampo inglese e scandinavo (Magnaghi et al., 1982).
Cosa resta, oggi, dell’ambizioso progetto di sperimentazione sociale e urbana?
Entrando oggi nell’ex quartiere operaio, che a sessant’anni dalla sua costruzione continua a conservare un “recinto” invisibile di separazione tra il tessuto urbano che ha raggiunto l’area a sud-est, lo stadio a nord e i terreni agricoli a ovest, la percezione è quella di un luogo calmo, abitato, statico. Percorrendo viale dei Mughetti, asse principale del lotto, si coglie l’eterogeneità architettonica dei manufatti presenti: torri da un lato, edifici a tre-quattro piani dall’altro. Tale contrasto è accentuato anche dalla barriera costituita dal tracciato tramviario aggiunto alla fine degli anni ’80, inizialmente attraversato da sovrappassi in cemento armato poi recentemente demoliti.
Su via delle Pervinche, all’estremità Nord-Est delle Vallette si fronteggiano in antitesi fisica, oltre che ideologica, le due anime della cultura architettonica torinese. Sul lato Nord il gruppo di Gino Levi Montalcini con Morelli, Bardelli, Passanti, Ceresa e Vaudetti (Settore “F”) propone edifici costituiti dall’aggregazione di blocchi di sette piani orientati in base a standard di illuminazione e soleggiamento. Sul lato Sud le case realizzate da Cavallari Murat con Gabetti, Isola e Giorgio Raineri (Settore “G”), propongono suggestioni e stilemi tipici delle vecchie cascine piemontesi. Gli uni ancora agganciati a istanze tipiche del movimento moderno, gli altri, disillusi, alla ricerca di un dialogo con la storia di un luogo che prende il suo nome da una cascina seicentesca ancora presente.
Attraversando le zone residenziali, gli edifici e gli spazi esterni privati rivelano un’attenzione particolare all’ordine, alla cura e alla manutenzione da parte degli abitanti-proprietari. Addentrandosi poi nel cuore del quartiere, in cui il piano prevedeva i servizi (alcuni dei quali mai realizzati), si è colpiti da un senso di abbandono e desolazione. Lo spazio pubblico fortemente degradato si contrappone alla cura di quello privato. L’immagine delle case in mattoni, dei prati e degli alberi fioriti si trasforma in immagine monocromatica fatta di asfalto, terra e rifiuti. Forse nelle zone degradate possiamo ritrovare traccia di quell’idea di Bronx torinese che per decenni ha marchiato Le Vallette. Ciò che resta negli occhi di una visita alle Vallette oggi, sono però le facce degli anziani che guardano le strade dalle finestre delle casette a tre piani o che prendono il sole nei giardinetti di case a schiera di stampo nordico.
Proseguendo la passeggiata architettonica (il quartiere è meta anche della recente rassegna cittadina Open House Torino) alcune locandine affisse sui muri degradati della piazza centrale e appelli del comitato di quartiere mostrano quanto sia ancora viva l’anima culturale e sociale intrinseca al quartiere che già negli anni settanta divenne teatro di sperimentazioni di metodi pedagogici innovativi anche legati a modelli architettonici, come la scuola media progettata da Gabetti, Isola e Cavallari Murat, oggi in stato di completo abbandono. Negli edifici per servizi che affacciano su piazza Montale si sono innestate nel tempo alcune realtà associative, come una Casa di Quartiere, un teatro e un oratorio.
Le Vallette, come tante periferie, sono state trascurate da quella fase di trasformazione della città che ha avuto il suo apogeo con le Olimpiadi Invernali del 2006. In una fase in cui le energie si concentravano sul centro storico, su grandi infrastrutture come l’interramento del passante ferroviario e sul ripensamento di aree ex industriali, le Vallette salgono agli onori delle cronache solo per la riqualificazione di Piazza Montale. L’intervento, inserito nel Programma triennale delle Opere pubbliche (2000-2002), prevedeva la realizzazione di un’isola pedonale destinata all’aggregazione sociale, l’inserimento di due fontane e il rifacimento dell’impianto di illuminazione. Un intervento che dopo pochi anni era già caduto in stato di degrado. Nel 2016 si insedia la giunta Appendino, dopo una campagna elettorale imperniata sul rilancio delle periferie. Nel 2017 fa notizia la distruzione da parte di vandali, proprio in piazza Montale, delle luci d’artista installate per la prima volta lontane del centro. I due episodi dimostrano come iniziative solo “cosmetiche” siano tentativi velleitari, incapaci di affrontare la sostanza dei problemi.
In particolar modo, il quartiere ha sofferto il mancato soddisfacimento di quel principio di autosufficienza posto alla base della sua ideazione. La grande struttura di servizi inizialmente pianificata al centro come motore sociale dell’insediamento è stata sostituita dall’edificazione di singoli edifici, assimilabili a “pezzi” che, affiancati gli uni agli altri in modo quasi casuale, ospitano funzioni pubbliche primarie restando tuttavia svuotati di senso e rappresentatività (Barelli e Gregory, 2017). Il Progetto di Qualificazione Urbana “Light on Vallette” parte da tali presupposti per ripensare il disegno del centro attrezzato a servizi. Oggi programmi per la riqualificazione urbana come AxTO (Azioni per le periferie torinesi), CO-CITY nell’ambito del Urban Innovative Actions (UIA), Vallette 2030, e il Programma nazionale della Qualità dell’Abitare (PINQuA) finanziato con i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) mirano a innescare la rigenerazione del quartiere con ricadute di tipo sociale e architettonico-culturale.
Di cosa avrebbero bisogno le Vallette oggi? Di giovani, di vita, di locali, di bar, di negozi, di tutto quello che costruisce il tessuto di una città inclusiva che non è fatta solo di residenze, di modelli insediativi, di lotte tra tipologie di soggiorno, di distribuzione delle camere o case alte o case basse.




Riferimenti:
Comba, M. (2017), Lo specchio distorto di un quartiere. Il caso Le Vallette all’estremo nord della capitale italiana dell’industria (58-83). In: Studi e ricerche di storia dell’architettura 1-2017.
Barelli, M.L., Gregory, P. (2017) Light on Vallette, Torino. Progetto di Qualificazione Urbana per l’area centrale del quartiere. In: TECHNE n. 14, ISSN 2239-0243, pp. 168-178.
Magnaghi A., Monge M., Re L., (1982) Guida all’architettura moderna di Torino, Designers Riuniti Ed.