UCTAT Newsletter n.42 – febbraio 2022
di Maria Teresa Lucarelli*
Il titolo di questo breve contributo prende spunto da una frase di Roberto Guiducci “Più che prevederlo il futuro, bisogna inventarselo”, contenuta nel suo libro L’inverno del futuro; testo che mi ha incuriosito leggendo “Lettera a un aspirante architetto”, recente prodotto di Fabrizio Schiaffonati.
Un’affermazione che ho interpretato come sfida al di là del velato (nemmeno tanto) pessimismo che contiene, volendo stimolare ad una riflessione sulle opportunità che oggi si presentano a chi si occupa di “progetto” quindi di Architettura. Un suggerimento, banale se si vuole, a guardare al bicchiere mezzo pieno.
Le crisi globali di cui siamo tutti testimoni, hanno e avranno notevoli ricadute su ogni settore materiale e immateriale della nostra vita e, sicuramente, effetti gravissimi sul già bistrattato settore edilizio: una per tutte, la crisi Ucraina con il conseguente aumento dell’energia e delle materie prime – già per altro in atto – che, nello specifico del Paese, rischia di generare un forte rallentamento, al di là dell’erogazione, massiccia e salvifica per il settore, di fondi dedicati dal PNRR.
Partendo dal contributo di Matteo Gambaro “La fine del processo evolutivo dell’architettura”, contenuto nella newsletter 41/2022 – che ho apprezzato e condiviso per la capacità di individuare sinteticamente le diverse ragioni che sono alla base del suo ragionamento – e riflettendo sulle molte occasioni in cui si è parlato e si parla dell’identità dell’Architettura che sembra sfumarsi di fronte ai crescenti fenomeni di estetizzazione, mi sono chiesta come far fronte a un processo ormai inevitabile e irreversibile. Nessuna soluzione, ovviamente, ma qualche spunto per avviare un ragionamento che possa coinvolgere tutti gli attori di un processo complesso quale quello che correla il momento ideativo a quello costruttivo, e non ultimo, a quello gestionale.
E’ comunque evidente che il “costruire e realizzare” non significa fare un’architettura corrispondente ai bisogni di quel territorio da cui molto spesso è avulsa; c’è piuttosto una tendenza, da tempo in atto, di utilizzare l’oggetto architettonico come…strategia di marketing, autorialità del progettista e attrattività per la committenza, come rileva D. Mandolesi nel suo recente Editoriale in Industria delle costruzioni. Una modalità di cui non si può negare l’efficacia ma, non di rado, di sola comunicazione e competizione visiva che non risponde compiutamente a principi di sostenibilità né tanto meno alle necessità di una collettività.
Per queste ragioni è importante riprendere e rafforzare nelle sedi dedicate, in particolare Università e relative Scuole di Architettura, il concetto di cultura architettonica, necessariamente rinnovata visti gli evidenti cambiamenti sociali, economici e ambientali che si intersecano e la condizionano. Ogni epoca e civiltà, infatti, ha riletto l’architettura sulla scorta di esigenze diverse, talvolta contrastanti, lasciando comunque testimonianze significative e esemplari; a maggior ragione nell’attuale momento storico, in cui la cultura del progetto sta subendo una rapida trasformazione per i noti eventi climatici e sanitari che prefigurano nuovi paradigmi cognitivi e operativi in una auspicabile visione co-evolutiva.
Anche l’innovazione – quella tecnologica in particolare – può essere uno stimolo per ri-configurare un’identità dell’Architettura, favorendo, anche nell’edilizia diffusa e non di pregio, una maggiore “qualità” progettuale e realizzativa e allo stesso tempo un maggior controllo del territorio.
Il rapporto tra architettura e innovazione è ineludibile: la collaborazione tra competenze a supporto dell’idea creativa, l’uso di strumenti innovati, propri della quarta rivoluzione industriale – dalle tecnologie abilitanti alla progettazione parametrica per citarne alcuni- consente trasformazione espressive e spaziali che, opportunamente “governate” possono contribuire al miglioramento e alla rivitalizzazione sociale di un contesto.
Certamente pensare di affidarsi alle tecnologie digitali, il cui uso richiede tra l’altro un’approfondita conoscenza, significa non riconoscerne la funzione eminentemente strumentale. Quindi non un’accettazione fideistica ma un cambiamento nel governo del progetto che deve comunque salvaguardare il valore culturale, etico e intellettuale che sta alla base del fare Architettura.
Tra queste brevi e sintetiche considerazioni, che avrebbero necessità di una dissertazione approfondita e di un dibattito ampio, non può mancare un riferimento alla transizione circolare, nelle sua aggettivazione “green”; un grande contenitore, appunto, in cui cultura, innovazione, sostenibilità devono coniugarsi per una qualificazione del progetto architettonico non solo performante e attrattivo ma funzionale e sostenibile, in grado di ridurre gli impatti interni ed esterni e garantire il recupero di risorse materiche ed energetiche. Un ripensamento, quindi degli attuali statuti che sovrintendono il Progetto di Architettura nei suoi aspetti processuali, realizzativi e gestionali, oltre che formali, per consentire la necessaria transizione da modelli di produzione lineari a circolari.
Rifacendosi al titolo del contributo, in parte provocatorio ma non insensato, si può senz’altro pensare che il futuro sia già nel presente : il Green Deal Europeo che, attraverso il relativo Circular Economy Action Plan si prefigge di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050; la politica industriale nazionale del Piano Transizione 4.0; il PNRR, in particolare la Missione 2, “Rivoluzione Verde e Transizione ecologica”, rappresentano una grande occasione per l’industria delle costruzioni ma anche l’opportunità di dare qualità al costruito ri-mettendo al centro l’Architettura dove arte e scienza si fondono.

References
-Gambaro M. (2022) La fine del processo evolutivo dell’architettura, UCTAT Newsletter n.41/22
-Guiducci R. (1992), Inventarsi il futuro, Laterza Ed.
-Giglio F., Lauria M., Lucarelli M.T.,(2021) Oltre la Cultura dello scarto. Verso processi circolari.
TECHNE 22/21, FUP ed.
-D. Mandolesi (2021), Architetture come Icone Urbane, Industria delle Costruzioni n° 481/21
-F.Schiaffonati (2021), Lettera a un aspirante architetto, Lupetti Ed.
* Già Professore Ordinario di Tecnologia dell’Architettura, presso l’Università Mediterranea di Reggio Calabria