UCTAT Newsletter n.33 – aprile 2021
di Fabrizio Schiaffonati
L’occhio di Stefano Topuntoli da anni ci accompagna nella introspezione su “l’architettura della città”, senza alcun infingimento con “la bella immagine”. Un lucido approccio per restituirci la realtà, una aspirazione scientifica per comprendere ambienti, edifici, manufatti; sfrondando da ogni folclore o casuali presenze, come nella pittura metafisica, ma anche in Cézanne o nel Neorealismo di Umberto D.. Col tempo la sua fotografia si fa storia di un paesaggio urbano in continua trasformazione, non come neutrale analisi, perché così mai è, ma come critica al progetto senza radici e quindi senza futuro. Per capire a fondo Topuntoli e collocarlo nel contesto della fotografia italiana, non si può non fare riferimento alle sue collaborazioni con Aldo Rossi e Virgilio Vercelloni, due figure fondamentali nella sua formazione figurativa e culturale. Un punto di vista che lo porta a fare assumere all’obiettivo il compito analitico di svelare le contraddizioni e i paradossi dell’uso dello spazio urbano, di progetti e gesti impropri indicatori di una insipienza sempre più diffusa nel uso dello spazio pubblico.
Su questo tema UCTAT ricorre con le sue critiche e segnalazioni. Emblematico è quanto da tempo sta accadendo sul piazzale con il monumento a Sandro Pertini. Un luogo nobilitato dal manufatto di Aldo Rossi, non un monumento ma un punto di incontro, da osservare, da fruire: una prospettiva sullo sfondo di Montenapoleone dove fermarsi a ragionare anche sull’architettura, gettando lo sguardo sul modernismo di Enrico Griffini o sulla facciata barocca della Chiesa di San Francesco di Paola.
Un segno progettuale che non sembrerebbe nelle corde dei milanesi, visto che già in passato si sono palesate proditorie proposte per la sua demolizione, a cui si è accodata sconsideratamente anche qualche autorevole firma. Ma soprattutto nella sensibilità dell’amministrazione comunale che dovrebbe avere per la “cultura del moderno” una particolare attenzione per l’importanza e unicità della sua architettura. Un libro di pietra che ha pochi riscontri per la densità della sua narrazione e che dovrebbe far pensare prima di piantare alberi qua e là pur di apparire ecologicamente corretti, o concedere ogni improprio plateatico in luoghi eccellenti. Chiamando in causa anche la Sovrintendenza per la tutela del paesaggio urbano sempre più minato da un atteggiamento predatorio consumistico, da improvvisate intrusioni, prive di ogni decoro. Un rigore che sembra essersi perso tra palme, gazebi e volgari arredi urbani.
Topuntoli ce ne dà una prova mettendo a confronto il luogo del progetto di Aldo Rossi come era nel 1991 e come appare nel 2021.
Dove non è riuscito il piccone demolitore, ci ha pensato senza colpo ferire l’esercizio commerciale ad oscurare alla vista un segno di “magnificenza civile”. Con buona pace della amministrazione comunale, delle ripartizioni di competenza, della Commissione del paesaggio, della Sovrintendenza, dell’Ordine degli architetti.



