Milano green: come si progetta il verde allo Scalo Romana

UCTAT Newsletter n.35 – giugno 2021

di Massimo Mulinacci

Il masterplan del Parco Romana è un concentrato di oggetti interessanti, ma nel suo complesso mi fa pensare ad una persona che abbia indossato un vestito molto stretto e cerchi di farsene una ragione, sacrificando anche qualcosa di importante per migliorare la vestibilità. Esagerando un poco, un po’ come le sorellastre di Cenerentola che non esitarono ad amputarsi dita e tallone pur di calzare la scarpetta, ma senza successo.

Troppa roba, e questo “verde” che rompe le scatole. Seguiamo la moda, amputiamo e sospendiamo…

La foresta sospesa. Circa un chilometro, larga 12 metri circa. Giammai foresta, nemmeno un bosco ma un gigantesco e strano vaso da fiori grande più di un ettaro; un ettaro da innaffiare, drenare e mantenere in efficienza. Non può che essere assetata di manutenzione, perché tutto ciò che ospita potrebbe ammalarsi, seccare, appassire e morire in tempi non lunghi, anzi piuttosto brevi. Questo è verde urbano? Che io sappia Il verde urbano ha il terreno sotto i piedi e deve essere sostenibile. Questa passerella è sostenibile? Elimina più CO2 di quanta ne costa? Credo di no. Costruirla, mettere terra e servizi, le piante, aspettare che crescano a sufficienza… No, non potranno mai restituirci ciò che è stato speso per la costruzione e la manutenzione periodica. Si tratta di un oggetto architettonico, non può sostituire il verde urbano.
Qui il verde è in funzione di arredo in un contesto a bassa sostenibilità. Un po’ come i giardini di Dubai (ma anche a Riyadh e molte altre) ed i milioni di metri cubi d’acqua spesi per mantenerli verdi.

Di conseguenza dobbiamo dichiarare al mondo che il “Parco di Porta Romana” ha un ettaro di verde in meno ed il verde della passerella è solo un arredo non sostenibile.

E gli edifici sostenibili? Già così dicendo sottolineiamo che gli altri non lo sono, casomai ci fossero dubbi.

Questi edifici sono in legno e la sostenibilità del legno è qualcosa che andrebbe definito in modo chiaro.  Aggiungiamo ai costi del taglio, del trattamento chimico e meccanico, ai costi della CO2 persa ed a quella generata in tutto il processo ed all’inquinamento generato dalle lavorazioni anche il pesante costo umano e ambientale.

Perché? Circa il 30% del legno proviene da tagli illegali, come ad esempio in Romania a danno delle foreste vergini. L’importazione legale non sta meglio; spesso il legno proviene da paesi con politiche molto “semplici” sulle materie prime, vedi ad esempio il Brasile che stermina la foresta amazzonica per gli allevamenti ed esporta legno tagliato illegalmente che diventa poi miracolosamente legale al momento della vendita. In Italia non abbiamo embargo sul legno brasiliano, non è possibile farlo. Ma noi potremmo ripensarci e trovare un modo per rifiutare legno che provenga da paesi noti per la loro opacità.

Un progetto nuovo può camminare sulle gambe vecchie e malferme dello scempio ambientale ed umano?

Questi punti sono per me importanti perché si parla di cose vive, terreno e alberi (per non parlar dell’acqua). Noi e tutti i nostri sistemi vitali dipendiamo dalla terra, dall’acqua e dagli alberi, risorse che usiamo a fondo per devastare il territorio l’acqua e gli alberi. Non vogliamo riconoscere, ricordare, scrivere nei nostri cuori che noi siamo i prossimi della lista e che la lista scorre sempre più veloce.

Così il Parco di Porta Romana è un grosso piede rifilato a metà e senza tallone, coperto di oggetti impilati perché ciascuno deve poter piazzare le proprie cose risparmiando al contempo quel denaro che dovrebbe essere speso. Per farla corta: volumetria in eccesso a spese del verde e ferrovia intoccata per il sommo piacere di RFI. Certo, potremmo credere nella giustizia che alla fine la nostra Milano Cenerentola ottiene ma pare che in questo caso le sorellastre avranno la meglio. Sperando di essere smentito.

Torna all’Indice della Newsletter