UCTAT Newsletter n.40 – dicembre 2021
di Carlo Lolla
Questo Covid ci auguriamo non infierisca sul Natale, ancora scosso, e sulla nostra condizione fisica e mentale, con pessimismo. Non si spenga quindi il sogno di vita, perché se qualcosa abbiamo fatto, ci restano ancora molte cose da fare.
Ripensando a tempi passati ricordo che, su Milano, qualsiasi nuova Giunta si presentava con una serie di proposte generali che partivano dalle Grandi Funzioni Urbane, a una Città di Città, ai suggerimenti che provenivano dagli Stati Generali organizzati ad hoc, tra cui non ci si dimenticava dello Sviluppo Economico, focalizzandone le risorse con proposte di eccellenza, affinché Milano divenisse sempre, di più, un polo di riferimento non solo per la città stessa, ma guida trainante per l’Italia e locomotiva per l’Europa.
I punti programmatori sono stati, e lo sono ancor oggi, sempre gli stessi. Le parole comunque hanno sempre risuonato come promesse, e nel corso del mandato non sempre sono state seguite dai fatti e se qualcosa è riuscito non tutto è stato realizzato appieno. Personalmente imputo a queste amministrazioni, non tutte per la verità, a volte carenza di coraggio per una visione complessiva proiettata al futuro.
Comunque senz’altro negli ultimi trent’anni, se qualcosa si è mosso ritengo sia stata la Giunta Albertini. Albertini ebbe la prima giunta comunale post-partitica (Giuliano Ferrara) e, primo comune in Italia a istituire il city manager. E non solo.
Se ricordate, collaboratori di Albertini furono: Parisi (city manager), Ermolli (consulente per la giunta), Salvatore Carruba (assessore alla cultura). Mise in campo pezzi da novanta. Non male. Ricordiamo che Albertini con l’idea degli Stati Generali, nata su spinta anche del cardinale Martini, tolse il tappo alla bottiglia di champagne che teneva da troppo tempo Milano bloccata e la Moratti ne perseguì gli indirizzi ampliandoli. Dopo Moratti un periodo buio, leggermente risvegliato dalla prima giunta Sala.
Albertini fu un sindaco riconosciuto importante e prestigioso tant’è che Kohl disse, e ammise, che l’area di Milano era la più avanzata d’Europa. Ricordo anche una piccola disputa tra Clinton e Kohl, al G8 di Birminghan, per chi fosse il miglior amico di Milano. Non così male, vero? Detto ciò, non ho sentito negli ultimi tempi un qualche apprezzamento su Milano se non le solite espressioni di convenienza.
Albertini è stato in realtà un sindaco preveggente, consegnando Milano ai futuri sindaci, al termine del suo mandato, un percorso da seguire negli anni successivi. Percorso di cui ne hanno beneficiato le amministrazioni di qualsiasi colore.
Questo deve essere lo spirito di qualsiasi amministrazione nell’intento di pensare al bene dei cittadini e al loro futuro.
Ora il sindaco Sala, appena stato rieletto, pare che intenda intraprendere una strada più efficiente, più produttiva, più dinamica sulla quale inserire un suo programma ben preciso. Onestamente lo spero. Diciamo che se per una volta ascoltasse non solo i suoi consiglieri, assessori, funzionari, gruppi di cittadini ma anche quelle associazioni culturali, studiosi di urbanistica, psicologi che negli anni hanno sempre contribuito con idee, dibattiti, proposte, indagini sul materiale raccolto da esse e poi sviluppate in piani per un urbe moderna e lungimirante, sarebbe un’ottima cosa, e poi a sua semplice discrezione scegliere quel cammino che non deve esaurirsi con lui ma proseguire anche con altri. Avere una visione improntata da proiettare verso il futuro.
Il Sala green?
Nel mondo si stanno sempre più moltiplicando gli incontri tra nazioni per evitare una desertificazione planetaria, un disgelo delle calotte polari, dei ghiacciai, il riscaldamento dei mari e altre infinite lesioni alla nostra vita. Si pensi allo studio che si è fatto per come sarà il mondo nel 2050; aumento della popolazione da 6,5 a 9miliardi, le più grandi città con aumento di abitanti sino a 25/30milioni di persone e con un ampliamento verso l’esterno sempre maggiore, al che ci porta a creare spazi, edifici (vertical farm), a seguito della erosione delle campagne.
E qui l’Italia dovrebbe farsene tesoro e cercare di dare l’esempio di efficienza (perché noi, se lo vogliamo, ci sappiamo fare) per migliorare e, soprattutto, recuperare quell’habitat che negli ultimi cinquant’anni abbiamo contribuito a rovinare e guastare.
Milano deve agire, essendo la punta propulsiva del Paese, come sempre lo è stata, partendo da uno studio scientifico, urbano, sociale, di sicurezza e di riqualificazione del suo territorio.
Uno dei punti di partenza è l’area a sud di Milano. Territorio che comprende la città insulare, che va da Ronchetto sul Naviglio sino a Rogoredo, passando per Porta Romana, Fondazione Prada, Porto di Mare, Vaiano Valle, Parco della Vettabbia, Ronchetto delle Rane e Assago.
Milano che è la capitale finanziaria d’Italia, è una metropoli di vitale importanza non solo per l’Italia, ma anche per il mondo intero, checché se ne dica. Con la sua vita moderna e i suoi valori antichi; la sua concentrazione di attività commerciali, di strutture finanziarie, della moda, della cultura, di musei e con una rete di traffico sufficientemente sviluppato ne fanno una destinazione non solo per i riferimenti anzidetti, ma perfino meta turistica interessante.
E la Milano odierna non può pensare solo a sé stessa, deve volgere lo sguardo e l’interesse oltre i suoi confini comunali, coinvolgendo tutta l’area metropolitana (mal partorita dall’allora ministro Del Rio; ma non era meglio mantenere le province?), diversamente nel prosieguo della sua evoluzione rimarrebbe incompleta. Assurgerebbe ad una zoppia innata e difficile, penso, pure con le amministrazioni dei comuni vigenti che sopperiscono, come possono, alle lacune di questa legge alla quale tentano di rimediare. Vero sindaco Sala?
Ma andiamo avanti e voilà il pensiero scorre al suo territorio posto a sud. Territorio che va ripensato in chiave non solo del momento, ma in proiezione sociale e solidale del futuro. Su di esso va creato, costruito ed eseguito uno studio ordinato, organizzato, direi regolatore. Un design che includa tutte le realtà ed esigenze che sono e stanno sorgendo sempre più negli ultimi anni, cercando anche di annoverare un pensiero di vita, nell’elaborazione urbanistica, che renda sempre vivo questo pezzo di città, non solo di giorno ma pure di sera.
Si perseguirebbe la ricucitura del tessuto cittadino ferito (fino ad oggi sottovalutato), l’acquisizione di nuove superfici urbane all’uso pubblico e privato, creando ampi polmoni verdi negli spazi occupati dagli scali merci collegandoli ai raggi verdi, inglobando razionalmente nel tessuto urbano le aree dismesse.
L’idea della “città 15 minuti” può sorreggere e interpretare questo obbiettivo. Anche se vi sono delle criticità, a mio parere, per le quali rimanderei ad un prossimo incontro.
Ricreare, accrescere e ampliare il parco della Vettabbia, l’area Porto di Mare ad ardire a giardino nazionale; un luogo d’incontro popolare per osservare lo splendido sbocciare di fiori, dei ciliegi e altro. Creare un giardino d’attrazione alla giapponese; un museo naturalistico entomologico, serre, casa delle farfalle etc.
Strutturare lo sviluppo urbano attraverso le stazioni potrebbe essere preso come modello per il futuro e la Stazione di Rogoredo, seconda per importanza dopo la Stazione Centrale, potrebbe divenire luogo pubblico diffuso alla portata di tutti. Come è stato proposto da Urban Curator TAT nel 2018 in occasione del Convegno “Una strategia per il Sud-Est di Milano: l’Hub di Rogoredo” presso il Municipio 4; presentato da Fabrizio Schiaffonati in occasione del Convegno “Nodi infrastrutturali e rigenerazione urbana” tenutosi il 23 maggio 2019 al Politecnico di Milano alla presenza di responsabili di Ferrovie dello Stato; e illustrato da Giovanni Castaldo alla Triennale di Milano in data 10 aprile 2019 tra i progetti meritevoli di attenzione segnalati dall’Amministrazione comunale. Il progetto prevede la formazione di un grande piazzale antistante la Stazione e un manufatto a scavalco dei binari di collegamento con il quartiere Santa Giulia: una riqualificazione dello spazio pubblico con un sistema di servizi integrati per una grande funzione urbana.
Nell’aggiornare la Stazione stessa con l’implemento di altre linee ci si potrebbe riferire, come esempio, al quartiere Shibuya e alla sua famosa stazione a Tokyo, considerato uno dei centri alla moda del Giappone. Milano tra lo scalo di Porta Romana e Rogoredo diventerebbe un fantastico luogo con una estensione si da creare un magnetismo a cui pochi possono resistere. E dato che Milano è una città ricca d’acqua, penserei nel creare alcune vie d’acqua, specchio per gli “amici dei Navigli”.
E non si può prescindere nel rendere tutto il territorio interconnesso, anche tramite lunghi tunnel, che comprenda l’interesse esteso all’hinterland integrale. È essenziale.
Milano deve perciò proseguire nel suo cambiamento radicale, non solo in vista delle Olimpiadi del 2026, ma in proiezione futura. Con le Olimpiadi imminenti, si andranno a costruire nuovi impianti sportivi, si dovranno aggiornare i sistemi di trasporto pubblico, aggiungendo migliaia di camere d’albergo.
È un progetto che deve superare qualsiasi fantasia. Rivitalizzare, rifornire di nuove energie, un risorgere, creare un cuore pulsante e essere la nuova Down Town milanese.

“Sulla controfacciata della abbazia più grande e più vicina alla città, MV e AM avevano scoperto un grande affresco seicentesco, proprio sotto l’oculo che guarda a ovest. In primo piano erano rappresentati i lavori d’inizio della edificazione della chiesa su un paludoso incolto terreno, sul lontano sfondo della città dell’uomo, turrita e murata. Figure e personaggi che volevano dar conto, come in un documento storico, delle complesse vicende civili e religiose dell’origine della costruzione. L’umiltà dell’impegno agrario e dell’intrapresa cistercense in primo piano rispetto al potere e al privilegio dell’aristocrazia urbana. La stessa visione prospettica che si presenta ancora oggi attraverso l’oculo di quella muratura. Una narrazione che restituisce il travaglio della edificazione, in senso materiale ma anche civile. Una metafora del presente.” (da Fabrizio Schiaffonati, Lezioni di architettura, Lupetti, 2020, p. 113).