UCTAT Newsletter n.30 – gennaio 2021
di Flavio Verri – Presidente Commissione Urbanistica, Edilizia Pubblica e Privata, Lavori Pubblici del Municipio 5
L’introduzione delle municipalità nel Comune di Milano ha comportato alcune variazioni anche nelle dinamiche relative ai procedimenti in materia urbanistico-edilizia rispetto a quanto avveniva in precedenza nell’ambito dei Consigli di zona.
Nella precedenza forma di decentramento, difatti, il Consiglio di zona era chiamato ad esprimere sempre il proprio parere, obbligatorio ma non vincolante, in presenza di una richiesta di rilascio di permesso di costruire (ma non dinanzi a presentazione di DIA o SCIA) e il perimetro in cui il parere del Consiglio di zona operava era racchiuso in quella competenza in materia socio-ambientale, consistendo pertanto il parere in una valutazione positiva o negativa dei riflessi che l’intervento proposto avrebbe potuto generare sul territorio di riferimento sia in termini di impatto sociale sia in quelli di impatto ambientale.
Con la riforma dei Municipi è stata abbandonata questa impostazione, sul presupposto di una riconosciuta ambiguità del concetto di parere socio-ambientale di cui si è tentato il superamento, essendo stata quindi attribuita al Consiglio di Municipio l’espressione del parere, sempre obbligatorio ma non vincolante, su un determinato intervento ma solo se questo preveda opere di urbanizzazione secondaria e servizi (come scuole, chiese, impianti sportivi, ecc.).
L’effetto di tale modifica è stata certamente una rilevante riduzione del numero e tipologie di interventi sottoposte all’esame dei Municipi stessi.
Vi sono poi altri due ambiti in cui avviene la partecipazione del Municipio alle fasi procedimentali di un intervento:
a) la partecipazione alla Conferenza dei Servizi assieme alle altre direzioni e unità organizzative a diverso titolo interessate, per l’esame contestuale degli atti del procedimento e per l’espressione dei pareri “di competenza”;
b) la partecipazione alle sedute della Commissione per il Paesaggio, specie su istanze di permesso di costruire convenzionato con atto d’obbligo relative ad interventi a superamento delle norme morfologiche, partecipazione che avviene per mezzo di un rappresentante del Municipio che non ha tuttavia diritto di voto ma a cui è consentito verbalizzare il relativo “parere”.
Orfani quindi della competenza in materia socio-ambientale, è legittimo interrogarsi su quali presupposti e ambiti “di competenza” oggi i Municipi siano chiamati all’espressione delle proprie valutazioni, laddove, da un lato, spesso il Municipio è invitato alle Conferenze dei Servizi al solo fine di esprimersi sulla qualificazione di “interesse pubblico” da riconoscere all’intervento in esame e, dall’altro lato, in ambito di Commissione per il Paesaggio, non potendo il Municipio avere ruolo per gli aspetti paesistici il cui parere sostanziale per competenza specialistica resta quello della Commissione stessa, il rappresentante municipale potrebbe semmai pronunciarsi solo sull’opportunità o meno del superamento delle norme morfologiche del PGT, potendo tale aspetto rivestire particolare interesse nell’ambito territoriale di riferimento.
A ciò si oppone tuttavia che il Municipio, in sede di Conferenza dei Servizi, non può essere demandata una valutazione di un interesse pubblico dell’intervento che, a mio avviso, deve comunque permanere nella competenza e nella responsabilità del Comune di Milano avendo quest’ultimo molti più elementi, più competenze specifiche, più dati a propria disposizione e una prospettiva cittadina più ampia: semmai al Municipio potrebbe essere più propriamente chiesta una valutazione di “interesse municipale” dell’intervento sulla base della conoscenza delle situazioni presenti nella porzione di territorio amministrata, interesse municipale che può certamente concorrere alla formazione del più complessivo giudizio di “interesse generale” riservato comunque all’amministrazione centrale.
Anche la partecipazione del rappresentante municipale in seno alla Commissione per il Paesaggio sconta i suoi limiti, dal momento che le valutazioni dei commissari sono (giustamente) caratterizzate da un linguaggio ed una specificità tecnica-architettonica non sempre accessibile ai non addetti ai lavori, trovandosi detto rappresentante dinanzi all’apertura di elaborati progettuali mai visti prima (e sui quali non ha pertanto potuto svolgere alcuna disamina o istruttoria preventiva), risolvendosi il ruolo del rappresentante del Municipio il più delle volte in una mera adesione fiduciaria alle valutazioni e al parere reso contestualmente dalla Commissione competente.
Queste sono le principali questioni ancora aperte e che giustificano la necessità di intervenire ulteriormente attraverso una migliore definizione del ruolo e degli specifici aspetti di competenza dei Municipi, anche nel suo risvolto “politico”, nel rapporto con il Comune e la sua Direzione urbanistica affinché sia risolta e dipanata quella zona grigia che per certi aspetti si è venuta equivocamente a creare.
Ma gli equivoci e le incongruenze non si fermano qui.
Esemplare è il caso di Piazza Trento che la revisione del PGT ha incluso nel novero delle c.d. 7 Piazze (Loreto, Maciachini, Lotto, Romolo, Abbiategrasso, Trento, Corvetto) “radicalmente ripensate come porte a vocazione pedonale, cerniere in grado di stimolare investimenti volti al ridisegno dello spazio pubblico e a favorire il rinnovamento dei quartieri periferici”, piazze nelle quali è stata concessa dallo strumento urbanistico la facoltà di poter superare l’indice di edificabilità territoriale massimo.
Tra queste, Piazza Trento è stata la prima ad essere oggetto di una progettualità da parte di una importante realtà quale è A2A che intende, da un lato, realizzare il suo nuovo Headquarter anche mediante realizzazione di una torre-faro di 144,45 metri dalle fattezze di una ciminiera in cristallo e, dall’altro, riqualificare lo spazio pubblico di piazza Trento e delle vie limitrofe ricomprese nel perimetro dell’ambito rigenerativo “Piazza Trento” come tracciato dal nuovo PGT.
In primo luogo va evidenziato come piazza Trento, rispetto alle altre 6 Piazze considerate, non abbia le tipiche caratteristiche di una piazza, subendo peraltro il grande limite di essere interclusa nel suo versante sud dall’area scalo che, per il momento, impedisce ogni vocazione di attraversamento dall’ambito periferico verso il centro città. Ma a tutto ci può essere rimedio, o quasi.
L’operatore, difatti, nella sua seconda realizzazione progettuale di rigenerazione dello spazio pubblico, ha intelligentemente immaginato una passerella ciclopedonale che, dal versante sud di piazza Trento, scavalchi la circonvallazione esterna di viale Isonzo per scendere verso via Crema, consentendo quindi la percorribilità dalla periferia sud verso Porta Romana e il centro città. Questa giusta intuizione (che certamente fa tornare alla mente il progetto “Uno sguardo dal Ponte” del Centro Studi TAT) non viene tuttavia rappresentata e inserita nelle tavole progettuali, laddove il superamento della barriera di viale Isonzo verrebbe invece risolto mediante attraversamento semaforico con posa di nuova pavimentazione bicolore in porfido.
A questo punto è legittimo domandarsi perché sia stata immaginata una soluzione che però non trova la sua concretizzazione negli elaborati progettuali e la risposta risiede nell’indisponibilità di tutti i presupposti: in assenza di una progettazione disponibile sull’area dell’ex scalo ferroviario per la quale si attende ancora il primo masterplan, A2A non può materialmente raccordarsi con tale ambito per poter progettare una passerella che, dall’ambito terminale dell’ex scalo, transiti sul proprio compendio nel versante sud di piazza Trento, superi viale Isonzo e atterri all’inizio di via Crema.
Ecco quindi l’incongruenza: non può realizzarsi con le più efficaci soluzioni una delle principali finalità dello strumento urbanistico per le 7 Piazze, vocate a essere cerniera per la permeabilità tra la periferia e il centro città, in conseguenza di tempistiche pianificatore divergenti e della scelta di stralciare le aree degli ex scali ferroviari dalla programmazione del PGT, così che per il momento A2A confina con una realtà dalle forti aspettative ma con la quale è al momento impossibile fare i conti finanche a livello progettuale, auspicando che, rispetto a tali interventi, sia comunque privilegiato l’interesse pubblico, o meglio dei cittadini, e non solo gli interessi dei grandi operatori.

