Nature Based Solution per ritornare ad abitare poeticamente la Terra

UCTAT Newsletter n.39 – novembre 2021

di Alessandra Battisti

Già nel 2018 nella Charter Healthy cities di Belfast è stato scritto a chiare lettere come: “il benessere, la salute e la felicità dei nostri cittadini dipenda dalla nostra volontà di dare priorità alle scelte politiche che modellano e affrontano i determinanti della salute e del benessere lungo tutto il corso della vita, […]; la qualità della vita urbana richiede la nostra azione urgente per affrontare i determinanti sociali, politici, commerciali e ambientali e come questi influenzano la salute e il benessere; e la diversità sociale e la fiducia essenziali per comunità vibranti, pacifiche, multiculturali e coese possono essere promosse solo se contrastiamo le politiche che portano a crescenti divisioni sociali e disuguaglianze di salute e benessere”, temi confermati anche negli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile dell’ONU.  Al momento attuale infatti, di fronte alle sfide epocali di tipo climatico, sociale ed epidemiologico che stiamo affrontando, le aree urbane stanno subendo delle profonde trasformazioni: da fenomeno di concentrazione delle attività umane, le nostre città, immagine di un uso sapiente delle risorse ambientali, territoriali e paesaggistiche e di interazione con il capitale umano in grado di immaginare, realizzare e costruire una “seconda natura” artificiale, massima e complessa astrazione ed espressione dell’ingegno umano, durante la pandemia hanno conosciuto un trend negativo che le ha viste svuotarsi per poi ripopolarsi dopo gli esiti positivi delle campagne vaccinali. Pur tuttavia le città costituiscono ancora l’arena dove si concentrano le sfide sociali e ambientali più rilevanti, e pur coprendo meno del 3% della superficie terrestre, sono responsabili del 71% delle emissioni globali di carbonio legate all’energia, e in particolare, il cambiamento climatico, che è allo stesso tempo una questione globale e locale, sta facendo aumentare la frequenza e l’intensità degli eventi estremi di temperatura e precipitazione, nei confronti dei quali le aree urbane giocano un ruolo cruciale. L’aumento delle temperature medie e il relativo fenomeno di cambiamento climatico hanno dimostrato di avere diversi effetti negativi sull’ambiente urbano, il bilancio termico delle città è fortemente influenzato dall’aumento dell’assorbimento della radiazione solare e dal corrispondente aumento del calore sensibile rilasciato dalle strutture urbane, dal maggiore calore antropogenico, dalle maggiori emissioni di radiazione infrarossa e da altre fonti specifiche. Come affermato da molti studiosi del settore, nonostante la sua lunga storia di scoperta, datata e documentata più di un secolo fa, l’effetto dell’Isola di calore urbana (Urban Heat Island UHI) sul clima urbano e l’ambiente costruito sono stati al centro della ricerca solo negli ultimi tre decenni; più specificamente, la ricerca recente può essere divisa in due gruppi principali: primo, la ricerca che focalizza l’attenzione sulla valutazione degli effetti estivi dell’UHI sull’uso dell’energia, l’inquinamento dell’aria, la temperatura ambientale esterna e la salute dei cittadini; secondo, gli studi che focalizzano l’attenzione sullo sviluppo e la valutazione di materiali e tecnologie per contrastare gli effetti dell’UHI estivo. La questione ambientale diventa così una delle principali sfide della metropolizzazione e agli studi sugli effetti del riscaldamento globale si affiancano anche quelli legati ai rischi e al contrasto e controllo delle inondazioni e della riduzione dello strato di ozono che aumentano la vulnerabilità dei suoli urbani estremamente poco permeabili che reagiscono ai sempre più frequenti alluvioni con allagamenti e frane, così come gli studi delle patologie a essi connessi e dei fattori sociali di impatto sulla salute legati all’accessibilità alla rete dei servizi, all’assistenza ai gruppi più deboli della popolazione, alla prevenzione e all’educazione sanitaria.  Oggi più che mai la relazione tra salute e progettazione degli spazi pubblici gioca un ruolo decisivo nella riqualificazione delle città e in particolare delle aree degradate dove maggiori possono essere situazioni di disagio sociale e rischio ambientale. La natura delle azioni che verranno intraprese da attori pubblici e privati determina come le potenziali opportunità che verranno poste in atto a protezione dell’ambiente e a tutela delle risorse ecologiche e naturali, la valorizzazione sostenibile degli spazi urbani e rurali influenzeranno la traiettoria di successo verso città sane, o ancora meglio città in grado di prevenire disagi per la società del terzo millennio verso una frontiera tracciata da paradigmi etici in grado di contrastare le ineludibili sfide dettate dai cambiamenti climatici a cui siamo chiamati a rispondere con estrema urgenza e in grado di affrontare il dopo pandemia che inevitabilmente si prospetterà nei prossimi tempi. Ci si chiede quale lezione stiamo imparando per il futuro delle relazioni umane, delle nostre forme di aggregazione sociale, delle nostre città e pertanto del nostro modo di abitare la terrà. Alla tutela ambientale si sono affiancati obiettivi più ampi, connessi alla fruizione dei contesti territoriali, in un’ottica di conservazione attiva, e si sono modificate le strategie di intervento in funzione della valorizzazione di risorse e contesti, nonché dello sviluppo delle specificità del territorio stesso. Si è compresa l’importanza che hanno per la salute gli stili di vita sani, portando ad affrontare la salute non più solo da un punto di vista assistenziale, e spostando il progetto di prevenzione sul tema del “come si vive”, quali stili di vita si assumono come virtuosi, come si possono riprogettare gli spazi aperti delle città per indurre i cittadini a fare sport, camminare, giocare, e incontrarsi? La domanda che si pone allora è se continueremo a progettare servizi, spazi comuni, abitazioni seguitando ad escludere una la fetta enorme dell’umanità disagiata, o inizieremo a ripensare profondamente il modello aggregativo urbano tenendo in giusto conto i determinanti sociali, quelli di benessere e di salute rivedendo la scala delle priorità al fine di – come scritto nell’SDG n. 11 – “rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili”.  Di fronte alla visione dominante di un “urbano generalizzato” che ha fatto scomparire tutti gli spazi rurali e ridotto gli spazi naturali nelle città numerose ricerche sottolineano l’importanza di integrare gli spazi aperti per contrastare e mitigare il fenomeno dell’isola di calore urbana, per arginare e contrastare il fenomeno delle inondazioni, per migliorare l’ambiente di vita e preservare la biodiversità.

Ci sono due casi esemplari europei che possono documentare l’integrazione delle nature based solution green and blue nei progetti di rigenerazione delle città finalizzati alla qualità dell’immagine urbana, edilizia e della salute, studiando i quali possiamo chiederci perché funzionano e quale in specifico è stato il contributo nel progetto di questi dispositivi tecnologici.

Nella città di Malaga il gruppo di progettazione spagnolo Ecosistema Urbano, dopo essersi aggiudicato una gara pubblica promossa dall’Università della stessa città nel 2016, ha sviluppato il progetto di pianificazione del paesaggio per il Boulevard Louis Pasteur e i principali spazi pubblici del Campus Universitario Teatinos, con una superficie totale di 21 ha (52 ac). Il completamento della costruzione della prima fase, che comprende una superficie totale di 7 ha (17 ac), è in via di ultimazione. Il progetto, in linea con le strategie dell’Università di Malaga, sviluppa il concetto di un campus aperto e innovativo. Al fine di migliorare le funzioni accademiche e sociali all’interno degli spazi pubblici, il progetto crea un ambiente naturale attraente e confortevole, così come incorpora tecnologie ICT, tecnologie bioclimatiche passive|attive e nature based solution che permettono una nuova atmosfera di interazione tra gli ambienti fisici e digitali. Il progetto Louis Pasteur Boulevard permette la rigenerazione di un’area ampia e sottoutilizzata, circondata da infrastrutture. Quest’area si trasforma nello spazio principale del campus universitario, combinando nuovi elementi spaziali e paesaggistici con programmi molto articolati che migliorano il suo comfort climatico e la connettività, mirando a raggiungere il duplice obiettivo di permettere che le attività quotidiane della vita universitaria – l’insegnamento, lo studio, l’incontro o la lettura – si svolgano in spazi pubblici, fornendo al contempo una nuova infrastruttura verde per la città in grado di contrastare i fenomeni estremi dell’isola di calore urbana in estate e i rischi di inondazione invernali (fig.1).

Fig. 1 Campus di Malaga. © Ecosistema Urbano

Altro progetto esemplare è quello del quartiere di San Kjelda Copenaghen, dove dopo la bomba d’acqua che lo mise in ginocchio il 2 luglio del 2011 (1 miliardo e 400 milioni di danni), la capitale danese, da sempre in prima linea sui temi dello sviluppo sostenibile, cominciò per la prima volta a fare i conti con alluvioni e isole di calore, con il varo, nel 2012, del piano di adattamento al clima (“Copenaghen Climate Plan”).

Obiettivi generali del piano sono:

  • Sviluppo di sistemi di drenaggio delle acque in ogni parte della città;
  • Creazione di vaste zone verdi permeabili al posto di terreni impermeabilizzati;
  • Realizzazione di pocket park, tetti e pareti verdi per proteggere dalle alluvioni e per la laminazione e ritenzione delle acque piovane e ridurre il pericolo di inondazioni;
  • Realizzazione di sistemi alternativi di ventilazione dell’aria e contrasto all’isola di calore urbana tramite: integrazione di sistemi di ombreggiamento naturali e artificiali, miglior ventilazione e isolamento delle strutture;

Il quartiere di San Kjeld, antica zona operaia vicina al porto della città, trasformato ad opera degli architetti Thomsen e Schrøder e di studio Tredje NaturCopenaghen con i suoi 100 ha di estensione rappresenta una vera e propria sfida al cambiamento climatico (fig.2).

Fig. 2 San Kjeld. © Thomsen e Schrøder, Studio Tredje Natur.

I due esempi citati testimoniano come le nature based solution siano dirimenti nella progettazione degli spazi urbani per favorire resilienza, vitalità e salute, secondo un approccio sperimentale che connota il progetto di rigenerazione verso la ricerca di soluzioni innovative. La cultura tecnologica del progetto invera attraverso l’impiego di nature based solution green and blue un’immagine di città sana, che prende forma in spazi funzionalmente complessi, affrontando temi a diverse scale  che richiedono una progettazione esigenziale-prestazionale, per promuovere all’interno della città adattabilità e resilienza, sostenibilità ambientale e sociale, accessibilità e inclusività e per essere una delle risposte migliori, ma forse anche quella più adeguata, per fare in modo che l’uomo continui – per dirla con Friedrich Hölderlin ad “abitare poeticamente la terra”.

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