Quartieri in transizione. Esperienze nella città di Bologna e il quartiere Barca

UCTAT Newsletter n.43 – marzo 2022

di Andrea Boeri

Il processo di transizione verso modelli urbani e sociali più sostenibili, pur interessando ogni scala dell’assetto territoriale, chiama in causa prioritariamente le città. Ad esse è affidata la sperimentazione di strategie efficaci per la transizione sostenibile, in una visione di insieme che vede nei quartieri i principali ambiti di integrazione di fattori relazionali e funzionali.

Le città, già globalmente responsabili del 65% del consumo energetico e del 70% delle emissioni di CO2, tendono ad attirare quote di popolazione crescenti.  Al contempo l’European Green Deal prevede l’auspicata riduzione del 55% delle emissioni entro il 2030, quale primo livello di avanzamento per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.

In questo contesto, è di particolare interesse la missione “100 Climate-Neutral and Smart Cities by 2030 – by and for the citizens”, che supporta l’attuazione di casi pilota di ambiti urbani in transizione verso la neutralità climatica da raggiungere entro il 2030.

La sfida per la transizione sostenibile e l’attuazione di azioni di contrasto ai cambiamenti climatici fa affidamento su strategie e sperimentazioni che coinvolgono ampi settori urbani. La scala del distretto è adeguata per produrre risultati effettivamente valutabili “optimal dimension to accelerate sustainability, small enough to innovate quickly and big enough to have a meaningful impact” (EcoDistricts, 2013).

Appare residuale, per valutazioni di sostenibilità economica, sociale ed ambientale, l’opzione della demolizione e sostituzione di ampi settori edificati[1]. Per quanto le operazioni di nuova edificazione possano fungere da riferimenti virtuosi, con l’obiettivo dei Distretti ad energia positiva (PEDs), l’impatto complessivo è prevalentemente legato alle potenzialità di riqualificazione dell’esistente con modalità efficaci, condivise e replicabili, riducendo le emissioni ed il consumo di suolo.

L’attuale riflessione critica sui modelli consolidati di organizzazione delle città tende ad analizzare scenari di fruizione urbana maggiormente legati a caratteri di prossimità, indagando le potenzialità di modelli ibridi di carattere integrato[2].  L’idea di un modello di città fruibile con spostamenti ridotti, nel quale ciò che serve si possa trovare a breve distanza dagli abitanti, sta assumendo crescente rilevanza sia per valutazioni di sostenibilità globale che per la recente esperienza pandemica.

Promosso anche come la “Ville du quart d’heure” da Carlos Moreno[3] e dalla sindaca di Parigi Anna Hidalgo nella campagna per la rielezione del 2020, è oggetto di interessanti sperimentazioni. Si propongono scenari capaci di integrare molteplici fattori, tra i quali la territorialità dei servizi e la possibilità di una migliore qualità di vita limitando la necessità sistematica di spostamento. Più in generale, l’attenzione è posta sul superamento della monofunzionalità spaziale e funzionale.

Considerando anche le criticità evidenziate dalla recente pandemia, si prefigurano scenari progettuali caratterizzati da sostenibilità ed inclusione sociale. Con riferimento alla città di Bologna, lo scenario delle sperimentazioni in corso appare interessante e articolato.

Un’esperienza pilota è stata condotta nella zona centrale in accordo con il progetto H2020 ROCK[4], che ha interpretato il patrimonio culturale diffuso come fattore per la rigenerazione, lo sviluppo sostenibile e la crescita economica dell’intera città, adottando i concetti di città creativa (come fattore strategico per lo sviluppo sostenibile per aspetti economici, sociali, culturali e ambientali) e città della conoscenza (caratterizzata da un’economia basata sulla conoscenza, driver per le dinamiche socio-economiche e tecnologiche).

La visione policentrica è supportata dalle potenzialità delle tecnologie digitali, che concorrono a completare le caratteristiche infrastrutturali urbane. Si promuove una visione mirata alla transizione ecologica della città, articolata in ambiti fruibili, strutturati e multifunzionali, adottando strategie di implementazione della resilienza che coinvolgano in modo inclusivo la cittadinanza.  Particolare attenzione è rivolta alla qualità del sistema degli spazi aperti (strade, piazze, giardini) e alla valorizzazione degli elementi urbani intesi come beni comuni di fruizione collettiva. Tra le attività, sono stati realizzati prototipi di rivisitazione sostenibile di spazi pubblici, con operazioni di greening in spazi sottoutilizzati e trasformati in luoghi di aggregazione. 

Un’iniziativa strategica di valenza ambientale, economica e sociale è in atto nei quartieri Pilastro-Roveri, con l’attivazione sperimentale di una comunità energetica, alimentata da sistemi distribuiti di fonti rinnovabili, modificando il tradizionale approccio top-down e valorizzando la partecipazione e la creazione di capacità a livello locale. Il distretto Pilastro-Roveri presenta buone potenzialità, essendo caratterizzato dalla presenza complementare di insediamenti residenziali ad elevata densità, tessuto produttivo distribuito e significativi soggetti produttori di energie rinnovabili. Due progetti di ricerca EU supportano la strategia per la creazione[5] e la condivisione partecipata e consapevole[6] della Comunità energetica da parte della popolazione residente, contribuendo ad attivare comunità locali.

Per le interessanti prospettive di valorizzazione, si segnala il Quartiere CEP- INA Casa “Barca”, realizzato nel periodo 1957-1962 con coordinamento progettuale di Giuseppe Vaccaro, nell’ambito degli interventi di “Coordinamento di Edilizia Popolare” e collocato in contesto allora agricolo nella parte sud-ovest del territorio comunale.

Il quartiere presenta media densità abitativa, adeguata presenza di spazi verdi, prossimità al fiume Reno e marcata riconoscibilità urbana; è connotato nella parte centrale dal “Treno”, edificio lungo più di 500 metri ad andamento leggermente curvilineo, che si sviluppa su tre livelli attraversando il quartiere e  definendone relazioni e gerarchie.

Il piano terra è caratterizzato da un portico nel quale si alternano negozi e spazi aperti, che si propone di riproporre – con le parole di Vaccaro – “la passeggiata coperta, tradizionale a Bologna”; benché in stato di parziale degrado, è stato selezionato nel sistema dei portici bolognesi recentemente riconosciuto parte del patrimonio UNESCO.

L’edificio principale è costituito da un ripetuto assemblaggio seriale di composizioni di cellule abitative di morfologia ad H. La modalità insediativa viene ripresa in altri edifici di minori dimensioni, nella parte sud del comparto. Sei edifici residenziali di 9 piani di altezza completano l’insediamento originale.

Nel quadro di una visione organica delle strategie di valorizzazione dell’ambito urbano perseguita con attenzione dall’amministrazione cittadina, il quartiere Barca pare oggi particolarmente significativo per le notevoli potenzialità offerte.

Può caratterizzarsi come ambito di sperimentazione per azioni che tendano a promuovere lo sviluppo integrato di condizioni di carattere tecnologico, ambientale, sociale ed economico verso la neutralità climatica, aumentandone le caratteristiche di resilienza.

Tra gli obiettivi prioritari si individuano: l’efficientamento energetico nel rispetto delle caratteristiche architettoniche e morfologiche degli edifici, la promozione di fonti rinnovabili distribuite, la riqualificazione del sistema di spazi aperti con lo sviluppo di nature-based solutions, l’implementazione di strategie per il controllo dell’isola di calore estiva, la valorizzazione del portico e delle attività ospitate quale elemento di attrattività (sociale ed economica) e relazione per il quartiere, lo sviluppo del sistema di mobilità dolce e la valorizzazione delle potenzialità offerte dalla prossimità del fiume Reno.  Tra i fattori di positiva caratterizzazione del quartiere è inoltre presente un’attiva comunità sociale; anche in questo ambito, il quartiere Barca appare luogo favorevole di sperimentazione.

Quartiere Barca (foto di Andrea Boeri).
Quartiere Barca (foto di Andrea Boeri).

[1] Emblematico il caso inglese di  Runcorn Southgate, oltre 1.300 unità residenziali terminate nel 1977 su progetto di James Stirling e demolite ad inizio degli anni ’90.

[2] E. Manzini, Abitare la prossimità. Idee per la città dei 15 minuti, ed. Egea, Milano, 2021.

[3] Carlos Moreno, The 15 minutes-city/ for a new chrono-urbanism!, http://www.moreno-web.net,  2019 ed altri contributi del medesimo autore, tra i quali Urban life and proximity at the tima of covid-19, Paris, Editions de l’Observatoire, 2020.

[4] ROCK_”Regeneration and Optimization of Cultural heritage in Creative and Knowledge cities” . https://rockproject.eu

[5] GECO_”Green Energy Community’[5] EIT Climate-KIC.  https://italy.climate-kic.org/projects/geco-green-energy-community

[6] “GRETA – Green Energy Transition”. https://projectgreta.eu/.

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