Strategie di riqualificazione dell’edilizia residenziale pubblica in terraferma veneziana

UCTAT Newsletter n.43 – marzo 2022

di Massimo Rossetti

I tratti che accomunano l’edilizia dei complessi popolari realizzati in un arco temporale sufficientemente definito, generalmente coincidente con il periodo che va dalla metà degli anni ’50 ai primi anni ’80, sono come noto ricorrenti: nessuna o quasi personalizzazione (interventi ben lontani, come approccio architettonico, dalla ricchezza compositiva, dalle invenzioni tecnico/formali, dal linguaggio articolato dei due settennati del Piano Casa), tecniche costruttive rigide e ripetitive, il livellamento delle risposte progettuali, corrispondenti al livellamento (vero o presunto) dei profili d’uso delle abitazioni nel periodo di mezzo del XX secolo.

In tale ambito, la vicenda dell’area di Venezia risulta esemplare (purtroppo non nell’accezione positiva del termine, quanto di caso paradigmatico), sia da un punto di vista temporale – nel periodo che intercorre tre la fine dell’800 e i giorni nostri – sia geografico, in quanto interessata da una dilatazione dell’area edificata che ha comportato un estremo disequilibrio tra gli ambienti strettamente lagunari, il centro storico, e l’area di prossimità della terraferma. L’evidenza della situazione attuale è (anche) frutto di un percorso che parte da oltre un secolo fa.

Le vicende dell’edilizia in territorio veneziano vedono infatti, sul finire dell’800, la costituzione, da parte del Municipio e della Cassa di Risparmio, della “Commissione delle case sane ed economiche” -iniziativa che, di fatto, anticipa la successiva Legge Luzzatti di inizio XX secolo- finalizzata all’acquisto di aree e alla successiva realizzazione e amministrazione di residenze. Nello stesso tempo, viene istituito un “premio di costruzione”, per la realizzazione di edifici con determinate caratteristiche o in un periodo di tempo stabilito. È l’occasione per realizzare, anche ai margini della città storica, interventi tutt’ora utilizzati, con edifici che presentano caratteri tipologici ricorrenti: collocati in maniera regolare, con aree verdi di recinto a generare una sorta di discontinuità. Dal punto di vista tecnico, vespai ventilati, che consentono un innalzamento dal piano stradale, servizi in ogni alloggio, luce elettrica e acqua corrente, testimoniano un livello già alto di attenzione funzionale.

È lo IACP veneziano, nato a cavallo tra il 1913 e il 1914, che prende in gestione tale patrimonio abitativo, ed è dai primi anni ’20 che gli interventi edili si spostano sulla terraferma, anche in relazione all’annessione, da parte del comune di Venezia, di vari comuni, quali Mestre, Zelarino, Favaro e Chirignago. Nel periodo della ricostruzione nel secondo dopoguerra, il piano INA-Casa e l’intensificarsi delle attività di IACP portano alla realizzazione di estesi quartieri suburbani.

Si comincia a porre attenzione anche al “bordo lagunare” e alla relazione esistente tra “isola” e la nascente area Mestre-Marghera; significativo in tal senso è l’intervento di Giuseppe Samonà che nel 1951 presenta il progetto, per alcune migliaia di abitanti distribuiti in vari nuclei, per il quartiere “Villaggio San Marco”, quale elemento di connessione tra la laguna e il centro di Mestre. È indicativo sottolineare come si ritrovi una certa varietà tipologica – case ad altezza variabile, in duplex o a livello unico, ecc. – e che siano presenti anche un asilo nido e un centro sociale. Spazi comuni, idonei impianti sanitari, locali di uso collettivo, garage, lavatoi: tutti segnali della possibilità di coniugare qualità tecnico/architettonica con la necessaria espansione degli spazi abitativi.

Il concorso CEP di fine anni ’70 per un quartiere di edilizia popolare, al quale partecipano nomi quali Leonardo Benevolo, Carlo Aymonino, Giuseppe Samonà, Ludovico Quaroni, contribuisce a portare alla luce il problema della cesura tra la città storica di Venezia e la terraferma, ormai avente dignità di esteso agglomerato urbano. Sono i “tre poli” della situazione urbana veneziana: un centro storico, l’“organismo” formato da Mestre e Marghera e il relativo polo industriale, e la conseguente periferia che si addensa e sviluppa. Nello stesso tempo, la ricerca sui sistemi costruttivi porta all’applicazione, ad esempio, di tecniche di prefabbricazione a setti portanti paralleli a interassi costanti, soluzione che sfocia in un’elevata rigidità e una conseguente difficoltà nell’innestare soluzioni distributive flessibili e adattabili alle nuove caratteristiche dei nuclei famigliari e degli stili di vita, in particolare residenziale, che cominciano a emergere; in tale direzione porta anche l’applicazione della tecnologia a industrializzazione dei getti (a “tunnel”). Un patrimonio di interventi che negli anni si è esteso e che, a tutt’oggi, presenta gravi e diffuse carenze, di dimensioni tali da poter parlare, a ragion veduta, di degrado.

È tale scenario, fortemente caratterizzato dalle caratteristiche comuni a tanta edilizia popolare che ha spinto a riflettere sulla possibilità di applicare soluzioni flessibili, per “addizione” di volumi a sbalzo ai corpi di fabbrica esistenti, quasi “universali” nella loro componentistica prefabbricata, ma opportunamente declinabili in funzione di ogni singolo caso. Non solo: la scelta della prefabbricazione per componenti, assemblabili a secco, si mostra come particolarmente idonea nel caso di enti con limitate risorse economiche. Una soluzione progettuale sufficientemente sperimentata, che ha portato all’architettura contemporanea diversi casi di interventi su edifici esistenti -carenti come qualità e prestazioni- l’occasione per una riqualificazione intelligente.

Numerosi sono gli esempi del più recente panorama architettonico, articolati in varie collocazioni geografiche. Dai Paris 8 University Arts Department di Moussafir e Dufournet, del 2000, riqualificazione di una biblioteca degli ’80, ampliata mediante una struttura in acciaio sospesa e rivestita in Cor-Ten®, allo Schiecentrale Phase di MEI Architects a Rotterdam, nei Paesi Bassi, realizzato tra 2005 e 2008, combinazione di spazi residenziali e uffici con struttura in acciaio ed elementi di rivestimento in materiale composito. Da SSPU China, di VMX Architects, del 2000, in questo caso esempio di progetto su un complesso di edilizia sociale, con cellule a guscio colorato; fino a La Pergola, di Patrice genet, a Montpellier, in Francia, realizzato tra il 2011 e il 2013. Un caso esemplare (in questo caso positivo), di riqualificazione di edilizia popolare mediante addizione, dove i 418 alloggi, per una superficie di oltre 27.000 metri quadri, portavano con sé la pesantezza e ripetitività come tratti dominanti dell’edilizia prefabbricata; oltre a evidenti lacune energetiche, che hanno richiesto, tra le altre cose, all’applicazione di un consistente strato di isolante esterno. Ma sono in particolare gli spazi interni ad avere beneficiato dell’intervento, che ha risolto le gravi carenze grazie all’aggiunta di blocchi in aggetto di acciaio e legno, pensati per garantire una maggiore generosità degli ambienti privati. Il salto di qualità del complesso è a vista d’occhio, grazie all’alternanza dei colori scelti che indicano la differenziazione dei corrispondenti spazi interni e aumentano il senso di appartenenza di ogni singola utenza. Non ultimo, nelle intenzioni dei progettisti il “gesto” progettuale potrebbe portare a una sorta di “reazione a catena”, che partendo dalla prossimità della linea tramviaria, si estenda a tutto il tessuto urbano circostante, soprattutto in funzione di una cercata pluricromaticità. La Pradenn House, infine, di Stefan Eberstadt: realizzata a Nantes, in Francia, nel 2013, dove la struttura in aggetto di acciaio ha ripreso la forma tipica del fienile. L’alternanza di elementi di recinzione in legno e di tamponamento trasparenti in vetro ha arricchito i tre blocchi in calcestruzzo armato collocati in sommità di un terreno in pendenza.

La disponibilità di tecniche, materiali e prodotti un tempo inaccessibili non solo alle amministrazioni pubbliche, ma in generale agli stessi operatori edili, permette dunque di ipotizzare una strategia per addizione che già in molti casi ha fornito esempi di profondo miglioramento dell’edilizia popolare, con ricadute positive anche sull’intorno immediato.

I diversi fattori che si incrociano e che concorrono ad alimentare tale strategia sono quindi evidenti: la precedente crescita demografica, che ha portato alle ben note politiche di estesa edificazione, e i correlati fenomeni di migrazione interna; la successiva -e attuale- decrescita, che ha di fatto svelato l’odierna inadeguatezza di quelle stesse politiche, con spazi eccessivi e ormai obsoleti; i profondi e radicali cambiamenti occorsi, nel corso degli ultimi decenni, all’utenza e all’approccio allo spazio abitativo, fenomeno senza dubbio amplificato dalle vicende legate alla pandemia, ma che ha cominciato ben prima a rivelarsi in tutta la sua portata. Ancora, l’avvento di tecniche di produzione e installazione che ha consegnato ai progettisti soluzioni architettoniche un tempo negate. In tale senso, lo “slancio” in avanti delle tecniche di prefabbricazione avanzata, dell’“advanced off-site”, (basti pensare all’uso dei materiali fibrorinforzati al posto dell’acciaio) consente senza dubbio soluzioni progettuali con costi, tempistiche di produzione e cantiere, e flessibilità quasi completamente nuove. Se l’edilizia residenziale pubblica possa beneficiarne, è una questione aperta, ma già con una risposta.

Didascalia immagine in allegato: Case popolari in Via Monte Prabello, Venezia.

L’articolo prende spunto dalla Tesi di Laurea “PLUG-IN SOCIAL HOUSING. Un kit prefabbricato per l’adeguamento dell’Edilizia Residenziale Pubblica: i casi studio di Venezia e Matera”, laureande Irene Di Buono e Alessia Tramontina, Università Iuav di Venezia, Dipartimento di Culture del Progetto, Corso di Laurea Magistrale in Architettura per il Nuovo e l’Antico, a.a. 2019-2020; relatore prof. Massimo Rossetti, correlatori prof. Salvatore Russo, prof. Francesco Gastaldi. La Tesi ha vinto nel 2021 il premio Premio Fondazione Grenfellove Marco e Gloria ONLUS destinato a laureati magistrali Iuav in Architettura e Pianificazione.

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