UCTAT Newsletter n.34 – maggio 2021
di Fabrizio Schiaffonati
Il futuro appare particolarmente incerto a fronte della grave crisi che si è palesata in tutta la sua drammaticità. Crisi economica e sociale che spazza illusorie certezze di un modello di sviluppo sperequato. A nudo quindi l’inadeguatezza della politica, incapace finora di ragionevoli previsioni e conseguenti azioni correttive. Un’incertezza che si trascinava da tempo e che continua a coglierci impreparati.
In autunno alcune tra le più importanti città italiane saranno chiamate alle urne per le elezioni amministrative. Un momento molto importante per verificare intenzioni e capacità delle forze politiche di farsi carico delle reali esigenze dei cittadini, sempre più deprivati di poteri decisionali. Soprattutto sulle grandi scelte strategiche dei cosiddetti progetti di “RIGENERAZONE URBANA” che fino ad ora, senza prova contraria, si sono rivelati un colossale terreno d’affari per spregiudicati immobiliaristi. Così almeno a Milano, in assenza di indirizzi dell’Amministrazione comunale volti a contemperare interessi pubblici e interessi privati attraverso una preveggente azione urbanistica. Ruolo primario e dovere civico che le sono conferiti come istituzione.
Una critica tutt’altro che regressiva, ma propositiva di competenze anche disciplinari di cui il Comune dovrebbe essere custode.
Lo stato delle periferie è emblematico. Si possono elencare significativi interventi riabilitativi? Tanti gli annunci, evanescenti le azioni.
L’autunno sarà quindi un banco di prova per una democrazia sospesa, anche da tempo nelle forme di governo nazionale. Per verificare, cioè, se i riferimenti invocati dalle forze politiche che dovrebbero poi metterli in atto – la democrazia partecipativa e deliberativa, il ruolo della popolazione attiva e del terzo settore – sono destinati a rimanere pure enunciazioni o possono segnare un cambio di marcia.
Una scadenza che suona come un’ultima chiamata anche per le forze sociali e intellettuali; un’esigenza di democrazia deliberativa che già l’Europa aveva messo al centro dell’agenda, e tanto più necessaria per la complessa gestione del PNRR (Enrico Letta, “Il problema sempre più grave di rigenerare la democrazia”, Corsera 1.10.20)
Il silenzio, invece, si fa sempre più preoccupante, in un dilagante conformismo di una acritica assuefazione. Poche le voci come quella di Antonio Scurati (Corsera 9.5.21), che avverte: “Non c’è democrazia senza lotta per la democrazia; non c’è progresso senza lotta per il progresso; non c’è storia, ma solo lo stagnante limbo di ombre, senza lotta per la storia… Ciò che ci manca è la politica”.
Come anche già Aldo Bonomi parlando di Milano (Corsera 30.12.20): “Si deve uscire dalla logica del potere piramidale dei grandi flussi finanziari… la città orizzontale vive nei quartieri, ha il suo motore nella cittadinanza condivisa… occorrono nuove forme di rappresentanza anche qui orizzontali… manca l’empatia con i cittadini e con il territorio. La politica piramidale è quella spettacolare che parla di sé e non risolve i problemi reali”.
Parole impietose, di due non pericolosi estremisti.
UCTAT interviene pervicacemente sui temi della città, per segnalare discrasie di un sistema che sempre più offusca la trasparenza decisionale e mistifica i risultati conseguiti.
È quindi tempo di bilanci in vista delle elezioni amministrative e par utile quindi un flash per prendere atto della realtà e operare un cambiamento di indirizzo. Un richiamo alla criticità dello stato di fatto, con alcuni esempi emblematici, perché ciascuno possa dare un giudizio.
1. Nel 2015 si è tenuta l’EXPO. Sono passati sei anni e solo da pochi giorni si è messo mano alla demolizione delle sovrastrutture dell’asse centrale. Ci vorranno ancora anni per un assetto definitivo. Quanti? Le altre città dopo Olimpiadi o Expo non hanno atteso tanto. Una massa di risorse pubbliche per ora improduttive. I 300 milioni per l’acquisto di un’area agricola, i due bandi di cessione andati deserti e poi l’iniezione di ingenti risorse pubbliche, incluso il trasferimento dell’Università da Città Studi con affitti garantiti all’investitore. Ma, come avverte Piero Bassetti (Corsera, 19.4.2021), “Bisognerà perfezionare la didattica nel nuovo rapporto spazio-mobilità-trasmissione del pensiero. Anche gli edifici diventeranno obsoleti. Succederà come per le caserme”. Inquietante prospettiva, senza una lucida considerazione di quanto sta avvenendo col telelavoro, la didattica a distanza, la mobilità, con gli epocali cambiamenti anche indotti da fatti emergenziali. Una volta si diceva “una cattedrale nel deserto”. Per non dire del caos urbanistico che connota il nord-ovest milanese, a cui Expo ha fornito il suo contributo, con buona pace delle prospettive ambientali della narrazione espositiva.
2. SCALI FERROVIARI. Dopo vent’anni di trattative, l’Accordo di programma su oltre un milione di metri quadrati è entrato in fase operativa. I concorsi sono stati delegati alla Società delle Ferrovie dello Stato. Concorsi rigidamente selettivi, in assenza di un progetto urbanistico dell’Amministrazione. Obbligo minimo di una pianificazione urbanistica comunale di indirizzo pubblico. Tanto più su ambiti di tale strategicità, nei quali gli interessi di parte dovrebbero coniugarsi con quelli pubblici. In più, nelle commissioni di giudizio, il ruolo del Comune e degli Ordini professionali è del tutto marginale. In passato era il contrario, soprattutto per le grandi trasformazioni urbane. Che fine hanno fatto le 300 firme di architetti che chiedevano concorsi aperti? Era questa la procedura auspicata? Con quale rappresentanza e partecipazione delle idee di tanti professionisti? Seguiranno le Valutazioni di Impatto Ambientale secondo i crismi di legge? Con quali modalità vengono gestiti il dibattito pubblico e le consultazioni?
3. SANTA GIULIA. Il più grande progetto di trasformazione urbana, come veniva propagandato alla Biennale di Venezia del 2008, in un grande spazio introduttivo alla sezione di architettura. A distanza di tredici anni è per buona parte incompiuto. Niente ancora del grande parco tra la zona sud e la zona nord del quartiere progettato di Norman Foster, ora abbandonato per più modesti edifici. Interrotto anche il prolungamento della Paullese, che si arresta all’imbocco del raccordo interrato che avrebbe dovuto sottopassare la cintura ferroviaria per collegare Santa Giulia alla città. Un grande insediamento a cinque chilometri da piazza del Duomo, tortuosamente raggiungibile.
Per il 2026 si prevede la realizzazione un’Arena di 20.000 posti, per i pochi giorni delle Olimpiadi invernali. Il completamento degli edifici residenziali e terziari è previsto al 2036. Chi ormai da anni abita la zona sud sperava in ben altro. Per non parlare dell’addensamento fuori misura del terziario a ridosso della Stazione di Rogoredo e della non realizzazione della prevista Metrotranvia per il trasporto pubblico.
4. CITTA’ DELLA SALUTE. Studi sviluppati sin dal 2000, inaugurazione annunciata per il 2015 in concomitanza con l’Expo, sull’area dell’ospedale Sacco; poi tutto tornato in alto mare, con nuove ipotesi localizzative anche da parte del Comune di Milano. Definitivamente a Sesto San Giovanni, sulle aree ex Falck. Vari progetti immobiliari di Renzo Piano, contenziosi per appalti e bonifiche. Una vicenda di cui non si intravvede la fine; senza un piano organico metropolitano delle diverse iniziative ospedaliere; soprattutto per il dopo Covid. Un esempio clamoroso di assenza di pianificazione urbanistica. Un ingente spreco di risorse, ricordando che la concezione di un ospedale viene superata nell’arco di una ventina d’anni, per la rapidità delle innovazioni in campo medico. Si prospetta quindi un fallimento programmato? La revisione del 2020 del Piano del Governo del Territorio (PGT) nulla dice sul destino del San Paolo e sulla rete dei servizi sanitari. Ma la Sanità non è una della Grandi Funzioni Urbane annunciate come strategiche per la rigenerazione della città?
5. SPAZIO PUBBLICO. Il PGT ha annunciato la riqualificazione di una decina di importanti piazze, da anni in attesa. Pochi i segnali, se non il progetto di piazza Loreto, un episodio incredibile di uso improprio e di “privatizzazione dello spazio pubblico”, ossimoro quantomai pertinente. Invece, diverse puntuali iniziative della cosiddetta “urbanistica tattica”. Maquillage di pavimentazioni colorate, alberi in vasi di plastica. Un vero e proprio paradosso, anche terminologico. Uno spreco di risorse, mentre latita una rigorosa cura e manutenzione della città; in assenza di un visibile cambiamento, di diffuse manutenzioni e di esemplari riabilitazioni di spazi pubblici, fondamentali per l’identità della città.
Clamoroso il caso del piazzale antistante la Stazione di Rogoredo, una stazione dell’Alta Velocità con otto milioni di passeggeri all’anno, senza alcun ordine e decoro. Come l’attesa da anni riforma della viabilità di accesso su piazzale Corvetto, con l’annunciata demolizione del Cavalcavia: prima promessa dal sindaco, poi rimessa in discussione.
6. PERIFERIE. Durante l’ultima amministrazione si è assistito a reiterati annunci di piani, accordi, finanziamenti per il recupero dei quartieri periferici. Nulla di fatto ancora, e una situazione destinata quindi a peggiorare. I quartieri necessitano di interventi anche esemplari, di decentramenti funzionali che li rimettano in gioco in una città policentrica in grado di valorizzare peculiarità storiche, ma anche valori testimoniali della grande rivoluzione abitativa del secolo scorso.
Inquietante il progetto di Ponte Lambro, un quartiere Iacp/Aler di 350 alloggi: nel 2000 era stato proposto il progetto di Renzo Piano, un ponte aereo di collegamenti tra i due lunghissimi edifici, con la formazione di un centro sociale ricavato nello spazio di alcuni alloggi. Un intervento ancor oggi non completato, un cantiere abbandonato, con le opere fatte già degradate. Un esempio di velleitaristiche enunciazioni, come “le periferie patrimonio dell’umanità”. Un piccolo centro civico al piano terra ci avrebbe risparmiato questa indecorosa vicenda, coi benefici di un presidio come già i centri sociali dei quartieri Ina-Casa e Gescal.
Le varie considerazioni e i casi esposti conducono a un’osservazione finale che si riconnette alle tematiche della democrazia partecipativa e deliberativa. La necessità cioè di individuare nuove forme di governo amministrativo, anche in ragione di una conclamata inefficienza. Tema politico per l’aspetto sociale, ma anche di pragmatismo gestionale, per non dire di buonsenso. Il decentramento amministrativo della città è infatti un’esperienza che già in passato ha dato prova positiva. Milano con i venti Consigli di zona, e la realizzazione – decenni fa – di apposite sedi, veri e propri centri civici: per pratiche e certificati, con annessi servizi alle persone, biblioteca, sale civiche, uffici degli organi politici.
Dopo decenni di disattenzione questi luoghi vanno rilanciati e identificati come i nuclei di una ritrovata municipalità articolata sul territorio. Strutture nelle quali i cittadini possano riconoscersi.
Auspicabile quindi un PIANO DI RILANCIO DEI MUNICIPI, di riqualificazione funzionale e di affermazione della loro immagine. Con il concorso della popolazione e di professionisti, per idee in grado di mettere questi luoghi al centro dell’identità dei quartieri. Conoscibili, visibili, frequentabili, luoghi della socialità, dei sevizi, della politica, della cultura e anche del tempo libero. E perché non decentrare anche opere artistiche importanti, oggi nei depositi di tante istituzioni? Testimonianze attrattive di interesse sovralocale, segni unici identitari di ogni Municipio. Come pure pensare a un decentramento di mostre e di iniziative culturali da parte delle ripartizioni di competenza.
Di altrettanta importanza è la questione della RIFORMA DEI POTERI DEI MUNICIPI. Oggi di scarso peso, un ruolo di fatto solo consultivo, soprattutto in materia edilizia e urbanistica, dove invece la loro conoscenza è fondamentale e anche importante presidio territoriale. In passato (con i Consigli di zona) il loro parere in materia era importante come quello della Commissione edilizia, e in caso di difformità di pareri era dirimente la decisione della Commissione urbanistica consigliare. Un esempio concreto di un ruolo attivo della popolazione nel processo deliberativo. Come pure affidare ai Municipi un ruolo determinante nel bilancio per progetti e risorse destinati alla zona.
Nel dibattito elettorale, quindi, sarà fondamentale valutare chi questa “verifica dei poteri” per un rinnovato ruolo dei Municipi vorrà farla propria.
I problemi sollevati vertono soprattutto sugli aspetti urbanistici ed edilizi. Molti altri attengono alla complessa gestione di una città, ma questi sono certamente centrali perché la città si rappresenta nella sua configurazione spaziale, nella qualità dello spazio pubblico, nella bellezza dei suoi edifici pubblici. Un equilibrio espressione anche di giustizia sociale, che l’amministrazione dell’urbanistica dovrebbe sempre perseguire. Compito non derogabile. Le elezioni di ottobre sono un banco di prova per quanti si candideranno. Un cambiamento necessario, una lettura che viene proposta al dibattito con quanti scenderanno in campo.
